“A proposito di…” – di Giuseppe Testa

Tecnica direttoriale e dintorni (prima parte)

TECNICA DIRETTORIALE E DINTORNI
di Giuseppe Testa

La direzione è l’arte di guidare gli esecutori in un brano musicale.
I direttori comunicano generalmente attraverso gesti manuali: con la bacchetta nella mano destra vengono scanditi il metro e il tempo della musica; con la mano sinistra invece, sono indicati l’entrata dei vari strumenti e i cambiamenti di volume e d’intensità. La mano destra si muove secondo moduli prefissati per gruppi di 2-3-4 o più tempi per battuta. L’osservanza della scansione degli accenti, riservata al braccio destro per tradizione, rappresenta la grande volontà interpretativa, determinata e sicura, e rappresenta quindi il vero punto di riferimento per gli strumentisti, altrimenti lanciati allo sbaraglio. L’esecuzione musicale nasce quindi dal connubio tra interpretazione e tecnica la quale rappresenta un fattore determinante, punto di partenza per ogni direttore con le dovute variazioni del gesto e i modi di applicazione.

Cercherò adesso di ricostruire brevemente la storia del moderno direttore, la cui figura apparve solo nel XIX secolo, poiché precedentemente era uno degli esecutori a portare il tempo.
Procediamo con ordine.
Nel rinascimento i direttori dei piccoli gruppi polifonici battevano il tempo con le mani o picchiando un rotolo di carta o un bastone sul pavimento o su uno scrittoio.
Nel barocco, le armonie formate dal basso continuo rappresentavano un elemento essenziale di gran parte della musica, e il direttore (spesso lo stesso compositore) manteneva uniforme l’esecuzione producendo un battito continuo in sottofondo.
Le orchestre d’opera erano dirette dal primo violino che indicava il tempo con l’archetto o con le mani. La pratica di affidare la direzione al primo violino o a chi suonava lo strumento a tastiera era cosa comune durante il periodo classico come all’inizio del Romanticismo. E’ solo nell’Ottocento che gradualmente la direzione diviene una professione autonoma. Ciò in parte è dovuto agli sforzi di compositori-direttori che vogliono raggiungere un alto livello esecutivo e in parte ai nuovi canoni estetici del Romanticismo, che pone la musica in una posizione artistica mai occupata prima.

Tra i primi compositori-direttori vi furono: C. M. von Weber, F. Mendelssohn Bartholdy, H. Berlioz che per primo scrisse un trattato di direzione d’orchestra. Molto influenti furono in seguito R. Wagner e G. Mahler. Oltre a staccarsi dall’orchestra, ponendosi di fronte per dirigere, furono loro a introdurre l’uso della bacchetta.
Un grande direttore del novecento, L. Bernstein, sosteneva che il primo grande direttore è da considerarsi sicuramente Mendelssohn Bartholdy con la sua direzione basata sul concetto di “precisione”. Per Wagner invece, il direttore deve dare un apporto personale alla partitura infondendo nella musica le proprie emozioni e il proprio impulso creativo. A mio parere l’ideale è una sintesi tra le due teorie.
Nel novecento la tradizione dei compositori-direttori è rappresentata dal già citato L. Bernstein e da P. Boulez. Tra le figure più famose di direttori “puri” voglio ricordare A. Toscanini che basò le sue interpretazioni sul “suono”, sul “taglio ritmico”, sulla “tensione emotiva”, tre parametri derivati direttamente e solamente dal rispetto vero e assoluto della partitura.
Dall’opera di tali grandi della musica si forma la moderna idea di esecuzione orchestrale in cui il direttore è stato definito un virtuoso il cui strumento è l’intera orchestra.

Ecco adesso molto schematicamente l’idea del direttore secondo L. Bernstein: “Il direttore, diversamente dallo strumentista e dal cantante, deve saper suonare un’intera orchestra… dev’essere dotato di grande autorità, …d’intuito psicologico. Egli dev’essere inoltre padrone della meccanica del dirigere e possedere una cultura d’una vastità difficile da concepire. Per riuscire a cogliere i significati più intimi della musica deve unire a una sensibilità profonda un potere quasi soprannaturale di comunicatività”.

TECNICA DELLA DIREZIONE

  • Il primo elemento che un direttore deve saper governare è il tempo
  • deve inoltre saper comunicare con la bacchetta il carattere della musica
  • la sua ’interpretazione deve essere tutt’uno con il battere del tempo.

Il direttore deve saper battere lo staccato, il legato, il sostenuto, il gesto leggero e giocoso, o drammatico e tempestoso. Deve aver il dono di saper trovare il tempo giusto … qualsiasi tempo si decida di dirigere, è essenziale che l’andatura presa sia mantenuta invariata per tutto il pezzo … tenendo comunque presente il fluire della musica più libero e non meccanico, applicando quindi il tempo rubato che adoperato con gusto, diventa un mezzo indispensabile d’espressione.

Un bravo direttore deve, inoltre:

  • Imparare a leggere la partitura
  • Leggere e sentire contemporaneamente
  • Inquadrare culturalmente e stilisticamente il lavoro
  • Smontare e studiare la partitura in ogni suo aspetto
  • Scoprire la linea melodica principale in una massa di note
  • Equilibrare sonorità e dinamica
  • Conoscere i vari strumenti con le varie sfumature di suono
  • Prevedere gli errori.

In realtà lo studio di una partitura non finisce mai, un direttore è un eterno studente.

La musica esiste nel tempo, ed è il tempo che va tagliato, modellato e rimodellato fino a che, come una statua, diventi forma vivente. La musica ci imprigiona nel tempo. Appena risuona, ogni nota già non esiste più e non potrà mai più essere ricontemplata o riudita in quel particolare e preciso istante.
Il direttore è dunque uno scultore, e nello scolpire deve possedere in modo superlativo il senso della proporzione e dell’equilibrio.
Fondamentale è la capacità di comunicare: i suoi gesti devono sempre saper comunicare, in anticipo sul suono, il preciso significato della musica.

  • L’elemento principale della tecnica della comunicazione è la preparazione, il gesto preparatorio è come il respiro.

inspirare = gesto preparatorio
espirazione = la musica che ne segue

Un direttore che respira con la musica ha già acquisito una tecnica molto avanzata.
Il gesto di preparazione è forse l’elemento metrico più importante della misura, esso determina:

  • Tempo d’inizio
  • Il grado dinamico
  • Carattere d’entrata
  • Stile di esecuzione

Tutto ciò deve risultare chiaro ed inequivocabile.
Tutti gli sforzi del direttore devono soddisfare le intenzioni del compositore e servire unicamente la musica.
…Non esiste il “suono del direttore” perché il suono è solo ed esclusivamente prerogativa dell’orchestra. Il direttore è solo colui che è responsabile dell’esecuzione e quindi della ricreazione della notazione musicale. Il direttore suscita il suono, l’orchestra lo produce. E’ mio dovere comunicare con tutto me stesso quel che dirigo e quindi ciò che ha scritto il compositore… ho cercato di avvicinare l’ascoltatore al suono di un determinato compositore o al mio suono, come compositore.” (L. Bernstein).

Le doti di un direttore e dei suoi strumentisti emergono durante una prova. Ma il vero rendimento emerge durante il concerto, perché è in quest’occasione che l’orchestra deve dimostrare al suo direttore di aver compreso le ragioni delle sue idee interpretative.

Qual è il fascino della direzione ?

La continua messa in discussione di se stessi e delle proprie capacità. La musica si realizza secondo una serie interminabile di interrogativi, l’uno intrecciato all’altro: perché di questo crescendo? questo forte?…la musica è un continuo interrogarsi, cui noi diamo risposte che a volte nel tempo subiscono variazioni, secondo la nostra vita e la nostra sensibilità…è necessario spiegare la musica, oltre che saperla dirigere. “Spiegare” la musica per me vuol dire riuscire a tirarla fuori dagli strumenti con estrema naturalezza: con un gesto,un salto, un ammiccamento…”comunicare” lo spirito della musica…essa è come una strada, un itinerario che seguiamo ogni volta come se fosse la prima volta. Ciò che il direttore scopre di volta in volta deve saperlo comunicare a chi lo ascolta, tenendo presente che egli scopre ciò che il compositore ha già scoperto prima di lui. Per un direttore una partitura non può mai essere “vecchia”… è un’occasione continua di rinnovamento…
Il compositore ha il dovere, in nome dell’arte, di rendere il più chiaramente possibile ciò che scrive e quindi, se è il caso, di suggerire o, meglio, di indicare come eseguire un determinato passaggio, in modo che tra trenta anni un altro direttore possa dire: “Ecco, l’autore desiderava che fosse così!”.

(continua)