Intervista ad Armando Saldarini

Conosciamo meglio il direttore della banda di Besana Brianza e la sua filosofia bandistica

Cosa ti ha spinto a studiare direzione per Fiati e perchè hai scelto proprio Rotterdam?
Forse la domanda giusta è perché ho scelto l’Olanda. La risposta, se pur scontata, è che l’Olanda è un Paese da sempre all’avanguardia nel campo bandistico. Basti pensare che, mentre le nostre bande eseguivano le tradizionali marce sinfoniche o le altrettanto caratteristiche trascrizioni di brani operistici, in Olanda, e non solo, venivano eseguite le composizioni di autori del calibro di  F. Smitt, H. Kox, G. Boedjin, H. Badings per non citare gli “scontati” Holst, Vaughan o Grainger. Detto questo, aggiungo che in Italia tuttora non esiste una scuola seria e preparata per direttori di banda. Tutto questo mi ha portato alla scelta di una scuola olandese; ho scelto Rotterdam perché sapevo che vi insegnava J. Koops, un grande uomo e altrettanto grande direttore. Mi sono iscritto, ho superato l’esame di ammissione e, successivamente, mi sono diplomato.

Da molti anni sei il Direttore di una delle più belle realtà del mondo Bandistico del Nord Italia, la Banda di Besana Brianza. Che tipo di mentalità hai trovato al tuo arrivo? Come hai lavorato per cercare di migliorare la situazione?
Ho iniziato la mia attività di direttore della Banda “S. Cecilia” di Besana in Brianza a fine Agosto del  1999. Posso dire di avere incontrato un’associazione ben organizzata e determinata, anche se lacunosa da un punto di vista musicale. In breve tempo, lavorando intensamente con continuità e determinazione, siamo riusciti a dare vita alla realtà che tutti, oggi, possono vedere. A Besana abbiamo una Banda senior formata totalmente da amatori, circa 70, la quale ha maturato un livello di preparazione musicale che  possiamo collocare tra la prima e la seconda categoria, una banda giovanile che può vantare uno straordinario palmares e una marching band. Finora, grazie a scelte indovinate, e mi permetto di dire a suo tempo innovative, siamo riusciti a garantire una scuola di musica che, per ora, garantisce continuità al lavoro intrapreso.

La scuola di musica di Besana ha circa 70 allievi se non erro… correggi tu. Qual è il segreto di questo successo? Come avvicinare i giovani alla banda, ma soprattutto come farli restare?
La scuola di musica di Besana ha circa duecentocinquanta allievi, compresi gli studenti di pianoforte e di chitarra. Da circa tre anni non mi occupo più della scuola di musica, comunque posso dire che il segreto per ottenere dei buoni risultati, se di segreto si può parlare, è proporre e promuovere la bellezza della musica e il piacere di fare musica insieme.

Come prepari il programma musicale e in base a che cosa? Come ti approcci ad una nuova partitura?
La scelta del repertorio è sicuramente uno dei momenti più difficili, e allo stesso tempo entusiasmanti, per un direttore. Ci sono tante domande che mi pongo prima di decidere quali brani andranno a formare il repertorio di un concerto o di una stagione.  Credo di non dire nulla di nuovo affermando che la prima e importantissima riflessione è la valutazione del livello del brano in relazione al gruppo alla quale lo stesso è rivolto; successivamente, se il concerto è a tema  o libero, quale strumentazione viene richiesta, le eventuali difficoltà tecnico-espressive, il giusto bilanciamento tra i generi per evitare troppe similitudini, ecc.. Considero la partitura un mondo sconosciuto: va rispettato ma esplorato attentamente, solo così puoi sperare di arrivare a  conoscerlo e a capirlo.

“Nessun uomo deve paragonare se stesso ad un altro uomo, semmai, deve paragonare se stesso all’uomo che egli era ieri!” (vecchio proverbio indiano) è una frase a cui tu sei molto legato. Credi che si possa adattare anche alle bande?
Direi di sì, e non solo. Ritengo sia inutile tentare di essere qualcun altro: è una operazione destinata al fallimento. I grandi sono tali perché sono unici nel loro modo di essere, di porsi e di lavorare; quindi penso che da tutti si possa imparare qualcosa, ma ciò che conta veramente è quello che ognuno riesce a diventare. Lo stesso vale per le bande: ogni gruppo ha i propri pregi e gli immancabili difetti, l’obiettivo primario quindi è riuscire a esaltare i primi e correggere, o quantomeno mascherare, i secondi.

Come vedi il mondo bandistico Italiano in questo momento rispetto all’Europa? Come migliorarlo?
Credo che in questi ultimi dieci/quindici anni il movimento bandistico nazionale si sia svegliato notevolmente. La nascita delle varie federazioni e delle associazioni, il proliferare di corsi, stage e seminari indirizzati a direttori, strumentisti e ai “manager” delle realtà bandistiche sono un chiaro segnale di quanto questo mondo stia cambiando; tutto questo lo reputo altamente positivo. In Europa ci sono paesi emergenti come il Portogallo e l’Ungheria, ci sono paesi tradizionalmente leader nel settore come la già citata Olanda e la Spagna, e poi ci sono paesi che stanno crescendo. In questa fascia ci metterei anche il nostro Paese. Grazie a personaggi di chiara e indiscussa fama, come Fulvio Creux, Angelo Bolciaghi, Lorenzo della Fonte, Marco Somadossi, Lorenzo Pusceddu, Maurizio Billi, Daniele Carnevali… l’Italia sta diventando sempre più competitiva. Come migliorare la nostra posizione? Continuando a lavorare con serietà e dedizione e promuovendo lo sviluppo delle formazioni giovanili, che rappresentano il nostro futuro.

Sei uno dei pochi Direttori Italiani conosciuto in Europa. Qual è la tua carta vincente? Che consiglio daresti ad un giovane direttore che desidera in primis avvicinarsi alla direzione e poi cercare di migliorare se stesso, come direttore, e la propria banda?
Come detto prima “io sono io”, non credo di possedere carte vincenti. Credo altresì di essermi costruito il mio stile, il mio modo di interpretare la musica, il mio modo di relazionarmi con gli strumentisti con la quale ho il piacere di condividere una delle attività più belle del mondo, almeno per me: il fare musica insieme.
Il consiglio che posso dare a un giovane direttore è quello di evitare di pensare di essere arrivato: il cassetto delle conoscenze e quello delle competenze non è mai pieno a sufficienza. Frequentare corsi e incontrare direttori diversi, prendere atto di tutte le informazioni che ti vengono date per poi rielaborarle e mettersi in discussione sono alcuni dei suggerimenti che posso dare ai giovani direttori.
Per quanto riguarda il voler far crescere la propria banda, permettimi di dire che non è certo grazie all’inserimento di saltuari musicisti aggiunti che la formazione cresce. Il lavoro che porta alla crescita della propria banda va progettato attentamente e in modo mirato, quindi verificato costantemente. Il consiglio numero uno? Avere pazienza e non voler bruciare le tappe.

Dal 2003 sei il Direttore Artistico del Festival Bandistico Internazionale di Besana Brianza. Come scegli le bande da invitare?
Dare vita a un Festival come quello di Besana non è cosa semplice. Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che prestano la loro opera per la realizzazione di questo evento. Anche trovare le bande non è cosa facile, soprattutto quando hai a che fare con gruppi che arrivano da molto lontano. Generalmente la prassi è individuare gruppi che, da un punto di vista musicale, siano validi, quindi contattarli per verificare la loro disponibilità a partecipare al Festival.
In questi anni ho sempre cercato di dare spazio a formazioni di diverso livello proprio per lanciare il messaggio che il fare musica è un’attività che può essere intrapresa da tutti.

Per saperne di più: http://www.armandosaldarini.com/

(a cura di Roberto R.)