Intervista a Roberto Villata

Incontriamo il titolare della casa editrice “Scomegna Edizioni Musicali” – La Loggia (TO)

Roberto Villata, titolare della Scomegna Edizioni Musicali, una delle più importanti, se non la più importante, case editrici italiane di Musica per banda. Come e quando inizia l’avventura di Scomegna nell’editoria bandistica, e perché la scelta della Banda come “media” principale?
L’avventura editoriale (termine perfetto per indicare il nostro lavoro) è iniziata nel 1974 ma la prima pubblicazione per banda (Primi Passi di Vincenzo Corino) è stata effettuata nel 1975.
La casa Editrice è nata quasi per scherzo: io ed il mio ex socio Gioachino Scomegna ci siamo conosciuti nel 1973 durante il servizio militare, presso la “fanfara” della Brigata Alpina Taurinense, dove eravamo impegnati come prime trombe nella banda. L’entusiasmo giovanile non ci mancava ed è stato così che abbiamo deciso di unire le differenti capacità personali e buttarci nell’affascinante mondo editoriale. Al tempo l’iter burocratico per aprire una casa editrice era piuttosto lungo e complesso. L’iscrizione presso la SIAE richiedeva il superamento di un esame decisamente impegnativo: era infatti necessario presentare un certo numero di pubblicazioni in un determinato numero di copie, scegliendo fra alcuni generi musicali. Fra questi c’era anche il genere bandistico, per il quale era richiesta la pubblicazione di 10 brani in 500 copie cadauno. Si trattava di un’impresa faraonica per due giovani squattrinati come noi ma, “forti” dell’esperienza acquisita nei mesi trascorsi in banda, decidemmo di scegliere il genere bandistico per l’iscrizione alla SIAE. È stato una lavoro che ci ha impegnati per tre anni. Riuscire a trovare 10 brani non fu certo semplice in un periodo in cui non c’erano molti compositori che si dedicavano alla banda musicale; inoltre, dovevano accordare fiducia a due ventenni che si dichiaravano pronti a fare gli editori!
Reperimmo le prime 3 marce da Vincenzo Corino, maestro-compositore della banda di Nichelino (To) presso la quale avevo suonato la tromba fin da ragazzino. Poi contattammo Giovanni Orsomando che ci diede in edizione un paio di marce che aveva nel cassetto e ci mise in contatto con Giovanni Di Domenico (ex direttore della Banda della Guardia di Finanza), Giuseppe Gioffreda e con un suo promettente allievo: Giovanni De Cintio. Potemmo così iniziare il lavoro per l’esame SIAE in qualità di editori.
Poco dopo, uno “sconosciuto” editore olandese di nome Molenaar, si rivolgeva disperato ad Orsomando, al quale aveva appena stampato una paio di marce sinfoniche, chiedendogli se conoscesse qualcuno in Italia interessato a curare la distribuzione del loro catalogo, in quanto gli editori italiani ai quali si erano rivolti avevano rifiutato la distribuzione sentenziando che il materiale non era molto interessante ed era assai caro. Fu così che Orsomando mise in contatto Molenaar con noi, novelli editori ma, sottolineò, “proprio due bravi ragazzi”. Visionare il catalogo Molenaar fu per noi una folgorazione: la musica per banda poteva essere anche quella! Chissà se sarebbe piaciuta in Italia. Ma dovevamo tentare. Iniziammo così a lavorare seriamente con la distribuzione di Molenaar in Italia, a cui si aggiunsero rapidamente altre case mentre, “l’editore Scomegna”, proseguiva nella pubblicazione di materiale rivolto soprattutto al mercato italiano. Mi piace sottolineare che i due fratelli Molenaar (Jan e Bob) che hanno diretto la loro casa editrice fino a pochi anni fa, sono stati per me il costante punto di riferimento per tutto ciò che concerne “fare l’editore per banda” e vado orgoglioso della grande stima e della profonda amicizia che mi hanno sempre riservato.

Qual è, secondo Lei, l’attuale situazione dei compositori Italiani e della loro Musica?
Dagli anni ’90 c’è stata una continua evoluzione. Lo studio delle partiture che arrivavano dall’estero ha sicuramente giovato all’aggiornamento dei nostri compositori. Inoltre, la nascita della cattedra di Strumentazione per Banda tenuta da Daniele Carnevali al Conservatorio di Trento è stata fondamentale, oltre che per imprimere un’accelerazione al rinnovamento, anche per creare un vivaio di nuovi compositori adeguatamente preparati.
In questo momento posso affermare che in Italia esiste un gruppo di ottimi compositori anche se, forse, sono più apprezzati all’estero che nel nostro Paese.
Le loro opere, oltre ad essere spesso eseguite nei vari concerti, sono anche inserite nei concorsi di esecuzione e classificazione come brani d’obbligo sia in Italia che all’estero, confermando così il riconoscimento alla qualità di questi lavori.

Come viene decisa la composizione di un catalogo? Qual è il rapporto quantitativo tra brani originali e trascrizioni, e come si relaziona con le richieste del Mercato?
E’ bene specificare innanzitutto che un catalogo, rappresenta l’espressione finale del lavoro di 12 mesi, sia per l’editore che per i compositori.
È quindi frutto di un lungo periodo di gestazione legato a molti fattori.
Normalmente riserviamo circa la metà dei nuovi titoli del catalogo alla musica originale, con uno spazio maggiore ai gradi di difficoltà compresi fra il facile e il medio, trattandosi di brani più accessibili e, quindi, più richiesti. Per quanto riguarda i gradi di difficoltà 5 e 6 non esiste più del 3% delle bande che sono in grado di affrontarli, mentre l’offerta editoriale già esistente è in questo caso decisamente cospicua. L’altro 50% del catalogo è dedicato alle trascrizioni di musica leggera e di musica classica. Le trascrizioni di musica leggera sono la richiesta preponderante del mercato e, pur costituendo una parte minoritaria del catalogo, consentono il finanziamento della produzione delle opere originali.

Quali sono i criteri che utilizzate nel selezionare i brani da pubblicare? Come decidete se un brano va pubblicato oppure no?
Non è facile rispondere a questa domanda. Diciamo che, in linea di massima, per i brani fino al grado 3 seguiamo una serie di steps così sintetizzabili: a) impatto all’ascolto, b) valutazione tecnica della strumentazione, c) valutazione dei contenuti musicali.

Come avete vissuto il passaggio tra la catalogazione “piccola-media-grande banda” e il sistema dei “gradi di difficoltà”?
In realtà, come ho detto all’inizio dell’intervista, la nostra Casa Editrice è nata lavorando con gli editori stranieri. È stato quindi naturale acquisire la forma mentis dei gradi di difficoltà ed introdurlo anche in Italia.

I brani pubblicati vengono proposti dai compositori/arrangiatori, o è l’editore che “richiede” al compositore di scrivere un certo tipo di brano?
Esistono tutte e due le casistiche. La creazione di un nuovo catalogo parte dalle opere che vengono proposte dai compositori; nel caso siano mancanti brani di alcune tipologie, questi vengono richiesti espressamente. Discorso diverso è per le trascrizioni, soprattutto per quelle di musica leggera dove occorre avere l’autorizzazione dell’editore originale. In questo caso, una volta scelti i titoli che si vorrebbero pubblicare, procediamo a richiederne l’autorizzazione e, una volta ottenuta, affidiamo l’arrangiamento a quello che, fra i nostri compositori, ci sembra più adatto in relazione al genere musicale del brano e al grado di difficoltà a cui miriamo.

In base a quali parametri scegliete gli autori da pubblicare?
A parte il collaudatissimo staff di compositori che da anni collabora con noi, siamo sempre aperti ad accogliere lavori di nuovi autori. In effetti non scegliamo mai il compositore, ma la composizione, seguendo i parametri ai quali ho accennato prima. Sono orgoglioso di poter affermare che nella Scomegna vige un “codice morale” sul quale non si transige: vengono pubblicate esclusivamente le opere nelle quali crediamo, senza necessità di raccomandazioni, di corposi curriculum o di contributi spese. Una caratteristica che richiediamo sempre ai compositori che lavorano con noi è la disponibilità al dialogo. Tutti i lavori vengono analizzati , discussi e, se necessario, modificati, diventando così una sintesi fra quelle che sono le conoscenze e le tendenze del compositore e quelle che sono le nostre esperienze del mercato.

Uno dei problemi più grossi per il mercato editoriale, è quello della fotocopiatura selvaggia della musica. Oltre al danno economico, secondo Lei non ha anche una ricaduta sulla qualità e soprattutto sul “ricambio” del repertorio?
Certamente quello delle fotocopie è il problema più grande per gli editori e per i compositori.
Il danno economico, seppur di difficile quantificazione, è comunque ingentissimo ed ha diverse ripercussioni negative sul mondo bandistico tutto. Il primo effetto negativo è sul prezzo di vendita degli spartiti: visto che il prezzo è calcolato in funzione dei costi di produzione e delle previsioni di vendita, è evidente che meno copie si prevede di poter vendere e più alto sarà il prezzo dello spartito. È altrettanto evidente che più il brano è costoso e più è invitante effettuarne la fotocopia, cadendo così in un circolo vizioso. Da alcuni anni, per rompere questo circolo, la maggior parte degli editori sta mantenendo invariati i listini o, al massimo, li aggiorna dell’inflazione.
Negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad un crollo verticale del numero di copie vendute per ogni singolo titolo pubblicato: le fotocopie da un lato e la crescita dell’offerta editoriale dall’altro, hanno provocato questo fenomeno rendendo ogni anno più difficile il ruolo dell’editore e del compositore.
Io credo che il proseguire di questo trend porterà ad una progressiva diminuzione delle composizioni e delle pubblicazioni per banda, soprattutto nell’ambito del repertorio di musica originale di qualità, che è quello che più risente di questa negativa situazione del mercato.

Qual è il ruolo dei Direttori di Banda in tale questione?
Sono sicuro che il fenomeno “fotocopia selvaggia” sia in gran parte legato al fatto che si ignorino i meccanismi e i costi legati alla produzione della musica. Molti non conoscono le normative legali che regolano la fotocopiatura e non sanno in quali sanzioni civili e penali possono incorrere fotocopiando un’opera.
Anche il Diritto d’Autore è un concetto nebuloso e la SIAE viene vista più come l’odioso esattore di ingiustificate tasse che non come l’ente preposto alla tutela dello sfruttamento dell’opera d’ingegno. Senza il Diritto d’Autore sia il compositore che l’editore verrebbero privati di un corrispettivo moralmente ineccepibile, in quanto l’intrattenimento musicale si basa sullo sfruttamento da parte dell’orchestra della composizione inserita in repertorio, sfruttamento che si ripete ogni qualvolta i brani vengo suonati in pubblico. Come l’orchestra viene remunerata ogni volta che è richiesta la sua prestazione, così le musiche devono essere remunerate ogni volta che vengono eseguite.
In questo contesto il ruolo del Direttore è fondamentale nel trasmettere ai propri musicisti i valori sociali di conoscenza e rispetto del lavoro dei compositori e editori.
La consapevolezza che la voce “spesa per acquisto partiture” deve essere compresa nei bilanci di una banda deve appartenere innanzitutto al Direttore, il quale dovrà spiegare al Presidente e ai musicisti tutti che se le divise nuove sono importanti per la buona immagine dell’orchestra, se il pranzo di S.Cecilia o la gita sociale sono importanti per “fare gruppo”, gli spartiti, oltre ad essere il motore della banda, sono anche la spesa meno rilevante.
Con mia duplice esperienza nelle vesti di editore e di “bandista” ho rilevato con certezza che la spesa per gli spartiti è veramente esigua: trattasi di non più di 500 Euro l’anno in media. L’affitto di un autobus o il costo di un solo rinfresco superano normalmente questa cifra e non suscitano polemiche, in quanto sono cose ritenute “necessarie” all’attività e alla vita dell’orchestra.

Personalmente ritengo di potere imputare buona parte della faccenda, anche allo scarso (e talvolta insesistente) livello di preparazione “sulla qualità” da parte della maggior parte dei Direttori delle nostre bande, che non hanno né la coscienza né la preparazione necessaria ad individuare brani “nuovi” di qualità, per cui continuano imperterriti a fotocopiare negli archivi delle bande vicine. E penso che la stessa cosa influisca sulle “non-scelte” riguardo ai brani originali. Lei cosa ne pensa?
Questa è una domanda “terribile”. In prima battuta posso rispondere che ha ragione e la sua domanda contiene già la risposta.
In seconda battuta posso fare alcune considerazioni che non piaceranno molto. Bob Molenaar mi disse circa venti anni fa: “Abbiamo fatto un sacco di lavoro perché si modificasse la situazione dei Direttori di banda olandesi, passando da una situazione amatoriale ad un impiego per professionisti. Eravamo convinti che seguendo questa strada sarebbe avvenuto il salto qualitativo delle bande musicali. Ci siamo invece trovati di fronte ad una nuova generazione di Direttori preparati professionalmente ma tutti tesi solamente a percepire una remunerazione per qualsiasi cosa facciano. Scegliere il repertorio richiede, oltre alla preparazione professionale, anche il tempo per analizzare le proposte editoriali e questo tempo non è remunerato dalle orchestre. Così i nuovi Direttori sono molto meno interessati dei loro precedessori alla scelta del repertorio”.
A suo tempo mi era sembrata un’osservazione esagerata ma oggi, alla luce di quanto è successo in Italia negli ultimi anni, mi sento di associarmi in buona parte a quanto affermato a suo tempo da Bob Molenaar.
Prendere conoscenza delle novità che gli editori propongono ogni anno è sicuramente un’impresa ardua e faticosa, mentre più semplice è utilizzare il repertorio “già collaudato” dalle bande vicine.

Secondo Lei, qual è il motivo per cui in Italia stenta a “decollare” il repertorio originale?
Prima di tutto questo non è un problema solamente italiano!
Il repertorio di musiche originali, ovvero composte espressamente per banda richiede, da un lato, una banda cosciente ed orgogliosa della propria entità di “orchestra di fiati” e, dall’altro, un pubblico culturalmente preparato a recepire il valore di composizioni che si discostano dagli schemi a cui ci hanno abituato i mass-media.
La banda opera in un contesto sociale variegato e, dal pubblico che l’ascolta, deve ottenere il consenso. È evidente che è molto più facile ottenere il consenso proponendo la trascrizioni di musica pop e rock che il pubblico già conosce.
Personalmente non mi sento di condannare questa scelta, in quanto la colpa non è imputabile alle bande (o non solamente) ma a tutto il sistema culturale: nelle scuole dell’obbligo non si insegna la musica e tanto meno si prepara all’ascolto e radio e televisione ci propinano solamente musica leggera. Solo una seria diffusione della cultura musicale nella popolazione potrà portare ad un cambiamento anche nelle bande che, verificando il gradimento del pubblico per certe composizioni, dedicheranno ad esse più spazio nel loro repertorio.

Un sincero ringraziamento a Roberto Villata, da parte mia e della Redazione, per avere contribuito significativamente a far capire un po’ meglio come funziona il mondo editoriale-bandistico visto dall’interno.
Grazie alla Redazione di Mondobande.it che ha avuto l’idea di sentire la “campana” degli editori. Spero che quest’intervista possa rappresentare l’inizio di un utile confronto fra le diverse realtà che costituiscono il mondo bandistico sui differenti argomenti che ci uniscono e ci dividono ma che ci accomunano in un’unica passione: la banda.

(a cura di Denis S.)