Intervista a Filippo Ledda, direttore del Circolo Musicale Parteollese

In occasione del concerto tenutosi a Dolianova il 19 dicembre scorso, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il giovane direttore e compositore sardo

Complimenti al M° Filippo Ledda per questo concerto molto particolare e, dobbiamo dire, veramente interessante. Com’è andata?
Innanzitutto grazie per i complimenti. È sempre difficile rispondere “a caldo” a una domanda come questa. Il direttore e i bandisti, che sono coinvolti in prima persona, solitamente tendono a dare una risposta eccessivamente entusiastica o a sminuire in maniera esagerata il proprio operato a seconda di come hanno vissuto la loro performance. Questo è giustificato dal fatto che ogni concerto ha una lunga storia dietro, fatta di tanta preparazione, momenti di studio, aggregazione e divertimento, certo, ma anche di sacrifici, rinunce e, talvolta, di piccoli momenti di sconforto.
La concentrazione spesa durante un concerto, la sana voglia di dimostrare a se stessi e agli altri quanto si vale, l’adrenalina accumulata nei giorni precedenti, il saper cogliere e assaporare quei bei momenti che si creano quando si fa musica, e tante altre emozioni che si mescolano e si provano tutte in una volta, non permettono a chi suona e a chi dirige di analizzare subito il proprio operato con lucidità.
Chi assiste al concerto ha il vantaggio di vedere e sentire solo il prodotto finale, non tiene conto della girandola di emozioni di cui ti ho appena parlato, quindi è in grado di formulare un giudizio sull’esecuzione senza dubbio più obiettivo.
Fatta salva questa premessa, ti do una risposta che si sforza di essere obiettiva ma probabilmente non lo è. Del concerto di oggi non posso che sentirmi molto soddisfatto: abbiamo suonato buona musica, ci siamo divertiti, abbiamo provato belle sensazioni, abbiamo sentito attorno a noi il calore del pubblico… questo per noi è ciò che conta.

Un programma impegnativo e particolare, tutto improntato su un repertorio “celtico”. Come mai questa scelta, e quanto è importante la scelta del repertorio bandistico?
Il programma va scelto in base all’organico e al livello del complesso che si ha di fronte, prestando molta attenzione alle capacità dei singoli, ovvero cercando di valorizzare le sezioni più dotate a livello tecnico-musicale e, nello stesso tempo, di non mettere in difficoltà gli strumentisti che hanno meno qualità o che ancora si stanno formando. Al contrario, questi ultimi devono essere messi nella condizione di poter effettuare un percorso di crescita graduale e costante. Detta così, questa mia affermazione, può sembrare una banalità. Sta di fatto che, già tenendo conto di queste poche variabili, la scelta dei brani da attingere dal repertorio per wind band si riduce in maniera cospicua. Mi capita spesso, a tal proposito, di ascoltare bande che suonano dei brani al di sopra delle proprie possibilità con risultati poco edificanti. Più raramente è vero che può verificarsi anche la situazione opposta: brani troppo semplici e, conseguentemente, bandisti annoiati e demotivati. Entrambe le casistiche sono riconducibili a una scelta del repertorio sbagliata da parte di chi dirige, per la maggior parte dovuta alla scarsa preparazione di quest’ultimo, ma non solo: talvolta subentrano anche la voglia di strafare o la tendenza a tenersi troppo prudenti. La verità è che la fase della scelta di un programma non solo è importante, ma è anche una delle più difficili che il direttore di un complesso deve fare.
Per quanto riguarda il programma di oggi, interamente dedicato alle musiche dei Paesi di tradizione celtica, devo dire che era un’idea che mi balenava in testa già da qualche anno. Il repertorio per symphonic band è pieno zeppo di brani per così dire “celtici”, quindi la prima ricerca è stata fatta sulle partiture, scegliendo la musica più adatta alle nostre caratteristiche. Una seconda cernita ha riguardato la lista degli otto brani che poi hanno effettivamente costituito il programma del concerto. Questa è stata sicuramente una scelta più difficile in quanto il concerto cosiddetto “a tema” ha una formula che funziona in primis se il soggetto scelto è interessante, e poi se la proposta musicale è di qualità, se il repertorio eseguito è vario ed equilibrato, se i brani non sono troppo simili l’uno con l’altro e se sono sistemati in scaletta nel giusto ordine.

Personalmente, abbiamo apprezzato in particolar modo Alladale (pubblico attentissimo ai sax solisti!) e Ireland: of Legend and Lore, oltre ovviamente al brano di Van Der Roost…
Alladale è tratto da Hymn of the Highlands, uno straordinario lavoro di Philip Sparke diviso in sette movimenti (circa 35 minuti di musica) e originariamente scritto per brass band. La versione per orchestra di fiati, curata dallo stesso compositore londinese, non snatura l’opera originale anzi, a mio avviso, in alcune parti ne amplia la tavolozza dei colori. Nel movimento eseguito oggi, un trio di saxofoni si fonde all’accompagnamento della banda (ancor meglio se wind ensemble) con una naturalezza sorprendente, per merito di un’orchestrazione leggera e raffinata. È una pagina di musica per orchestra di fiati che non può passare inosservata.
Ireland: of Legend & Lore di Robert W. Smith e A Highland Rhapsody di Jan Van der Roost sono invece due lavori che hanno, rispettivamente, 15 e 20 anni. In casi come questi si suol dire che la buona musica non ha data di scadenza. Una delle cose che un buon maestro dovrebbe sempre fare è quella di avere occhi e orecchi sempre attenti alle novità editoriali, senza però tralasciare i buoni lavori presenti in vecchi cataloghi, né tantomeno il repertorio “storico” ovvero i classici della letteratura per banda.

Abbiamo visto che hai prediletto brani di compositori stranieri: possiamo dedurre che appartieni alla folta schiera di maestri di banda esterofili?
Prima ti dicevo che il repertorio bandistico è pieno di brani di ispirazione “celtica”, pochissimi però sono scritti da autori italiani. Questo è il motivo che stavolta mi ha spinto ad optare per un programma di musiche quasi esclusivamente di compositori stranieri. Solitamente ho un occhio di riguardo per gli originali per banda italiani, che non mancano mai dai concerti dei complessi in cui dirigo. Ne è la riprova il fatto che tra i brani di stasera ho voluto inserire un lavoro interessante come English Suite n.1 di Michele Mangani, brano non propriamente “celtico” ma che comunque riconduce e richiama ritmiche e motivi propri di quelle tradizioni.

Parliamo della preparazione del concerto: quali difficoltà bisogna affrontare per far crescere la formazione bandistica che si è chiamati a dirigere?
Solitamente, per preparare un concerto con un programma completamente nuovo, ho bisogno di 18-20 prove che distribuisco nell’arco di tre mesi. Si comincia con un incontro alla settimana nel primo periodo e si prosegue con due incontri settimanali man mano che si avvicina la data del concerto. Circa un quarto di questi incontri sono dedicati alle prove di approfondimento fatte a sezioni. Le prove restanti le faccio con tutto il complesso. Opero in questo modo perché ho appurato la sua efficacia con una realtà amatoriale come la nostra, il cui livello è, per intenderci, quello di una terza categoria nazionale. Negli altri complessi dove dirigo, calendarizzo in maniera differente, perché ho a che fare con gruppi giovanili che hanno bisogno di una diversa distribuzione dei carichi di lavoro e di studio.
Mi piace interpretare la preparazione di un concerto come un processo “stratificato”, costituito da diverse fasi concatenate tra loro e complementari l’una all’altra. La prima lettura dei brani è senza dubbio uno dei momenti più divertenti per me, se non altro perché mi incuriosisce vedere le reazioni della banda davanti alle nuove proposte musicali che faccio. Lo è anche per gli strumentisti, perché per leggere nuova musica c’è bisogno di attenzione ma si crea anche tanto entusiasmo. Le fasi successive sono sicuramente più impegnative perché in esse è racchiuso il percorso comune che direttore e bandisti fanno assieme nell’affrontare tutte le problematiche relative all’ottimizzazione della performance finale: vedi il bilanciamento tra le varie sezioni, il fraseggio, la precisione ritmica, l’interpretazione del brano, l’intonazione e così via… Penso che ogni maestro preparato abbia un proprio modo di approcciarsi a queste difficoltà e (nonostante ci sia tutta una letteratura a riguardo che ci viene in soccorso) credo che ognuno, soprattutto attraverso la pratica, abbia elaborato un modus operandi personalizzato che gli permette di ottenere risultati validi con la propria banda. Sinceramente però, uno degli aspetti di cui mi preoccupo di più è quello di preparare le prove in modo tale che possano essere stimolanti e appaganti per gli strumentisti. L’iter preparatorio dev’essere per loro un’esperienza di crescita in cui si affrontano nuovi programmi e nuovi linguaggi musicali, si utilizzano nuove tecniche con lo strumento, si affinano tutti i molteplici aspetti che riguardano la musica d’insieme. Non ultimo, naturalmente, si socializza e si cerca di fare sempre più “gruppo”: sembrerebbe una cosa superflua, a livello puramente musicale, ma sappiamo bene che non è così.

I nostri utenti hanno già sentito parlare di te per la vittoria al concorso di composizione di Sinnai, ma raccontaci qualcosa in più di te.
La mia esperienza musicale è iniziata all’interno della banda di Ales, il mio paese d’origine. Qui ho avuto la fortuna di essere formato e diretto da Luca Mangini, uno dei principali innovatori del movimento bandistico sardo, nonché rinomato esecutore e didatta di trombone. Dopo aver conseguito la maturità Magistrale ho proseguito i miei studi al Conservatorio di Cagliari, dove mi sono diplomato in Tromba nel 1998 e in Didattica della Musica nel 2003. Per alcuni anni ho collaborato saltuariamente, come trombettista, con l’orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, ho suonato musica classica anche con altre orchestre e formazioni cameristiche, ma non mi sono mai slegato dagli organici a me più congeniali, ovvero l’orchestra di fiati e il quintetto di ottoni.
Nel corso degli anni, la passione e la voglia di suonare sono state soppiantate, però, dall’interesse sempre più grande per tutto ciò che riguarda la didattica musicale. Dopo aver approfondito gli studi son sempre stato più cosciente che questa fosse la mia mission. Sono attivo in campo didattico-educazionale dal 1995: ho insegnato in parecchie scuole di orientamento musicale ad indirizzo bandistico e corale. Con alcune di esse collaboro tuttora. Mi piace informarmi sui metodi e sulle teorie di apprendimento e tenermi continuamente aggiornato, frequentando corsi e leggendo tutte le pubblicazioni che mi passano sotto mano. Inoltre, sono docente di ruolo nella Scuola Primaria statale dove da anni programmo percorsi di alfabetizzazione musicale strettamente legati alla pratica sia canora che strumentale, dedicando una particolare attenzione alla musica fatta in gruppo.
Nell’ambito delle orchestre di fiati, invece, oltre alla banda del Circolo Musicale Parteollese, dirigo la J-Band dell’Associazione Musicale Alerese, complesso giovanile che mi ha dato (e mi sta continuando a dare) grandi soddisfazioni e con cui abbiamo in preparazione tanti progetti e, dallo scorso anno, ho iniziato la collaborazione con la Scuola Civica di Sinnai come insegnante di Musica d’Insieme.

E cosa ci dici del Filippo Ledda compositore?
Quando da ragazzino ho iniziato a scrivere i miei primi lavori (principalmente per ensemble di ottoni ma poi anche per archi, legni, strumenti a tastiera, per coro e così via…) pensavo che quello sarebbe rimasto sempre e solo un gioco, uno sfizio personale. E, se ti devo dire la verità, l’ho pensato sino a qualche anno fa.
Sebbene io sia nato e cresciuto musicalmente in ambiente bandistico, mi sono avvicinato alla composizione di musica per banda in tempi relativamente recenti (tieni presente che Contos, la mia prima pubblicazione in questo campo, risale al 2005). La vera svolta è stata nei primi del 2000, quando sono diventato il responsabile del settore giovanile della banda del mio paese. Da lì a formare una vera e propria junior band il passo è stato breve. Ed ecco che scrivere qualcosa, giusto per crearmi degli spunti didattici utili nella mia attività, è stato quasi fisiologico. Ho cominciato con delle trascrizioni che facevo suonare alla mia bandina ma poi è saltata fuori l’esigenza di comporre anche qualcosa di mio, che fosse sempre di facile esecuzione. In quel periodo ho preso coscienza del fatto che i brani italiani per young band fossero pochissimi e che anche il resto dell’Europa non è che avesse poi da offire tantissimi prodotti di qualità in questa fascia di mercato. La mia attenzione allora si è spostata verso i lavori dei compositori statunitensi: nel Nord America la produzione è veramente enorme, anche perché l’utenza è molto più vasta della nostra e non si fatica a trovare brani per banda giovanile interessanti e ben scritti. Tutto questo è la conseguenza del fatto che lì hanno sulle spalle decenni di didattica specifica per le formazioni strumentali e quando compongono musica lo fanno seguendo regole e parametri ben definiti. Per tanto tempo ho pensato che fosse un peccato il fatto che, con tutti i bravi compositori che abbiamo in Italia, qua da noi la banda giovanile venisse quasi completamente ignorata. È per questo che ho passato tutti i ritagli del mio tempo di quegli anni a studiare caratteristiche, organici e strumentazione di gruppi giovanili, cercando di scrivere musica con poche idee semplici ma che non fossero banali. Un percorso che ho fatto quasi esclusivamente da autodidatta, spulciando le partiture, ascoltando e osservando quello che scrivevano gli altri compositori, facendomi arrivare pubblicazioni e manuali in lingua originale dagli Stati Uniti (non ti dico le peripezie per tradurli, io che in inglese son sempre stato una frana…).
Poi ho sentito l’esigenza di approfondire le mie conoscenze di strumentazione per banda e l’ho voluto fare con un “grande” del panorama bandistico italiano: Lorenzo Pusceddu. È stato lui a insegnarmi i segreti del mestiere e a convincermi che quella strada che mi si parava davanti andava imboccata. Oggi, a distanza di alcuni anni, mi sto togliendo la soddisfazione di vedere i miei lavori che pian piano cominciano a essere apprezzati sia dal pubblico che dagli “addetti ai lavori”. Visti i tanti interessi che coltivo, i tanti impegni in cui sono coinvolto, i tanti studi che avrei voluto fare e che non ho mai fatto, probabilmente non posso e non potrò mai considerarmi veramente un compositore. Tuttavia, quando scrivo musica, cerco di farlo sempre in maniera genuina e spontanea, senza mai tralasciare le implicazioni didattiche e tutti gli spunti di lavoro che esse possono offrire sia ai direttori che ai bandisti.
Negli ultimi tempi scrivo con una motivazione in più: nel campo della young band, si sta muovendo qualcosa anche in Italia. Le linee guida elaborate dagli esperti del Tavolo Permanente delle Federazioni Bandistiche Italiane hanno finalmente messo un po’ di chiarezza sui criteri da utilizzare per catalogare i brani nei diversi livelli di difficoltà. Contemporaneamente, anche alcune case editrici nostrane hanno cominciato a investire in maniera oculata su progetti specifici per banda giovanile, dettando regole precise su come i compositori debbano scrivere musica per organici di questo tipo. Son pienamente convinto che incentivando la produzione di brani di facile esecuzione, il miglioramento qualitativo non tarderà ad arrivare e i benefici che ne verranno saranno molteplici. Il successo riscosso da concorsi di composizione come quello di Sinnai, interamente dedicati alla produzione per formazioni giovanili, va interpretato come una conferma in tal senso.

Vista l’occasione, conosciamo meglio anche il Circolo Musicale Parteollese di Dolianova (CA), giovane realtà – opera da circa 30 anni – ma già capace di esprimersi ad un buon livello.
Sebbene Dolianova vanti una tradizione bandistica che affonda le sue radici fin dal 1907, il nostro è un Circolo relativamente giovane: è nato infatti nel 1981. La rapida pianificazione dei corsi di formazione musicale tenuti da docenti diplomati al Conservatorio ha reso possibile, in quegli anni, la formazione di una nuova banda composta da giovani musicisti. In breve tempo il Circolo Musicale Parteollese si è impegnato in un’intensa attività musicale e, grazie al contributo dei valenti maestri che si sono succeduti alla guida del complesso, si sono potuti realizzare progetti di sempre maggiore spessore culturale.
Nel corso degli ultimi anni il Circolo ha ospitato musicisti, direttori e diverse formazioni musicali italiane ed estere: brass band, ensembles strumentali, bande musicali rappresentative e così via. Ha organizzato gemellaggi con altre associazioni musicali, offrendo alla banda occasioni di scambio culturale e la possibilità di eseguire concerti nella penisola. Ha collaborato con la polifonica locale Inkantos d’Olia con la quale ha realizzato diversi concerti per banda e coro in importanti location sarde. Ha promosso la formazione di strumentisti e direttori di banda con corsi di aggiornamento specifici. L’ultimo in ordine di tempo si è tenuto nell’agosto scorso e ha visto, a Dolianova, corsisti provenienti da tutte le parti d’Italia impegnati in un seminario teorico-pratico sulla direzione di orchestre di fiati, sotto la docenza di Lorenzo Pusceddu. Per il 2011, invece, abbiamo organizzato un masterclass di saxofono con Alda Dalle Lucche, docente di Saxofono e Musica da Camera alla Scuola di Musica di Fiesole, che si terrà in appuntamenti diversi: tre week-end di studio previsti per gennaio, marzo e giugno.
Insomma, le iniziative non mancano e la scuola di orientamento musicale dell’associazione è in piena crescita per merito di un team docente giovane, dinamico, che ha le giuste competenze didattiche e, cosa non da poco, la giusta ambizione che dà agli allievi gli stimoli per migliorarsi costantemente.
Una citazione particolare la devo fare per il nostro presidente, il signor Mario Cossu: ricopre questo ruolo da circa 25 anni e lo fa sempre con lo stesso entusiasmo e la stessa umiltà. Come me e come gli altri docenti del Circolo è convinto che quella di investire sugli allievi e sulla loro formazione sia la strada giusta da seguire per il bene della banda.

E infine, un saluto agli Utenti di MondoBande…
Un ringraziamento a voi per l’opportunità che mi avete dato di far conoscere la nostra piccola realtà. Spero di non aver annoiato i lettori parlando della mia esperienza e illustrando qualcuno dei miei punti di vista. Un saluto a tutto lo Staff e, naturalmente, a tutti gli Utenti di MondoBande. Complimenti per il lavoro di informazione e di divulgazione che state facendo: è anche grazie al vostro contributo che al movimento bandistico italiano può essere riconosciuta la giusta dignità. Continuate così!