A proposito di… – di Giuseppe Testa

Le forme e i generi musicali più importanti (prima parte)

Nessuna opera nasce dal nulla, compresa quella musicale. Qualsiasi composizione ha un progetto, una struttura ed anche l’improvvisazione ha una logica interna che va evidenziata.
Questo lavoro, in maniera semplice e sintetica, si propone di stuzzicare l’interesse verso lo studio delle forme, progetto portante della composizione e di conseguenza invita ad approfondire lo stile e il linguaggio di un autore.
Una composizione è un opera d’arte complessa, spesso ermetica. Spetta allo studioso penetrarla, comprenderla e renderla accessibile a tutti attraverso lo studio della partitura per entrare in rapporto con il compositore ed evidenziarne il pensiero. Con questo esercizio il direttore e gli esecutori fanno da tramite tra il compositore e l’ascoltatore, restituendo vita alle sue idee, attraverso il suono che nasce e muore istanti dopo, regalando sublimi emozioni.

La codificazione delle forme risale per buona parte al XVIII secolo. Molte forme erano considerate come recipiente su cui riversare le melodie di una composizione, mentre tutto ciò che non rientrava dentro quei modelli era ritenuta una licenza creativa del compositore.
Per fortuna nel XX secolo questo punto di vista viene messo in discussione e oggi la forma è vista nel suo complesso, inseparabile dal contenuto fatto di temi, ritmi, timbri e quant’altro fa parte di una composizione. Visione questa, che permette di comprendere le forme extraoccidentali (etnomusicologia).
Elementi fondamentali della forma sono: la melodia, il ritmo e l’armonia.
La melodia nasce dalla combinazione di altezze e durata dei suoni; il ritmo dall’organizzazione delle varie durate; l’armonia dalla sovrapposizione di due o più suoni che creano nell’orecchio sensazioni di consonanza o dissonanza e quindi di movimento o di riposo. Dalla fusione di questi tre elementi si dà vita a un discorso musicale ben definito costituito da incisi, semifrasi, frasi e periodi.
Per dovere di cronaca diciamo che nel XX secolo i compositori proposero altri metodi non convenzionali basati sui vari parametri del suono, alla ricerca continua di altre sperimentazioni.
Nel variegato mondo dei suoni ciascun brano ha fra le varie caratteristiche una propria organizzazione: è diviso in sezioni in relazione tra loro. La disposizione dei diversi elementi in musica avviene nel tempo, ed è quindi nel tempo che si sviluppa uno schema, un modello che permette di distinguere attraverso le varie caratteristiche un brano da un altro. Si può così parlare di genere, di modello o meglio di uno schema costruttivo del brano o, come si usa dire più comunemente, della sua forma.

Si può parlare così di:

  • GENERE SINFONICO, cui appartengono le seguenti forme: sinfonia, poema sinfonico, concerto solista, minuetto, rondò…
  • GENERE CAMERISTICO, le cui forme sono il concerto grosso, il lied, il divertimento, il duo, il trio, il quartetto, il quintetto, il sestetto, il settimino, l’ottetto…
  • GENERE SOLISTICO, le cui forme sono la sonata, la toccata, la fantasia, il capriccio, il preludio, la fuga, la suite, l’improvviso, la ballata, la canzone, la ciaccona, la passacaglia, il corale…
  • GENERE VOCALE, cui appartengono le forme: lauda, mottetto, madrigale, frottola, canzone…
  • GENERE VOCALE E STRUMENTALE, cui appartengono le forme: mottetto, romanza, aria, recitativo, oratorio, caccia, cantata, corale, lied…
  • GENERE TEATRALE , le cui forme sono l’opera, l’operetta, la commedia musicale, il balletto…

Confrontando varie composizioni dello stesso genere, ci accorgiamo che l’organizzazione del materiale è pressoché uguale, possiamo quindi affermare che la forma è quella proprietà che ci permette di distinguere un genere dall’altro.
Caratteristiche principali della forma sono la ripetizione e il contrasto.
La prima fa sì che l’ascoltatore riconosca e dia un’identità ai vari temi o episodi che di volta in volta vengono proposti.
Il contrasto crea interesse con episodi diversi che diano comunque un senso di continuità alla composizione.

La forma più elementare utilizzata è quella strofica, in cui si riscontra un solo tema o motivo che viene ripetuto più volte. L’utilizzo di questa forma è comune al canto popolare, ma non mancano esempi colti come alcune composizioni amorose dei trovatori, lieder o canzoni del nostro tempo. E’ evidente che in questa forma il testo ha sempre la stessa lunghezza e struttura per adattarsi alla musica. Schema A-A1-A2-A3 ecc.
Alla forma strofica si può apportare una variazione in cui ogni strofa viene opportunamente variata. Nella musica strumentale, si crea il “tema con variazione” in cui si ha un episodio iniziale, che espone l’idea, il tema, a cui seguono vari episodi che la riprendono con le dovute trasformazioni melodiche, ritmiche, armoniche, timbriche, dinamiche ecc.

La forma bipartita è costituita da due diversi episodi A-B che sono in relazione di continuità e fungono da esposizione e controesposizione.
Generalmente le due sezioni contrastanti si caratterizzano per un mutamento di tonalità (soprattutto per le forme binarie di molta musica barocca); spesso il primo episodio si porta dalla tonica alla dominante rimanendo con un senso di sospensione e apertura; il secondo episodio dalla dominante ci riporta alla tonalità originale. Le due sezioni sono ritornellate AABB
E’ questa la forma tipica della giga, della gagliarda, della sarabanda, dell’allemanda, della corrente…forme di danza della suite.

Un rapido sviluppo nella musica nel corso dei secoli ha avuto la forma tripartita; scherzi, minuetti, romanze, tempi di sonate e sinfonie sono composte secondo lo schema: ABA1
Questa organizzazione appaga a pieno le caratteristiche principali della forma: l’episodio di contrasto e quello della ripetizione. L’aria del ‘600 e ‘700 rispecchia questo modello come anche tantissime canzoni e cori d’opera; citiamo “Va pensiero” del Nabucco di G. Verdi: A) Va pensiero…B) Arpa d’or…C) Va pensiero…
Anche il nostro inno nazionale “Fratelli d’Italia” è in forma tripartita con una piccola variante: A-A-B-A1
Naturalmente nel corso dei secoli ogni compositore ha operato all’interno di ogni episodio della forma tripartita delle varianti interpretando liberamente lo schema. Possiamo così trovare all’interno di ogni episodio la forma bipartita: A (a-a’-b-b’) A1 (a-a’-b-b’); o quella tripartita: A (a-b-a’) B (a-b-a’) A1 (a-b-a’); o perfino con più di tre sottosezioni, utilizzando le ripetizioni, A (a-b-a’-b’-a’’) e così via.

Uno schema che fa della ripetizione il suo punto di forza è il rondò le cui origini risalgono al sec. XIII; veniva utilizzato in Francia per accompagnare il “ballo tondo” detto ronde.
Lo schema organizzativo del rondò è semplice: si tratta di ripetere periodicamente un episodio alternandolo sempre ad un altro nuovo: A-B-A-C-A-D-A con eventuali variazioni A-B-A1-C-A2-D-A3.
Il rondò viene spesso utilizzato come ultimo movimento di concerti e sinfonie ed è generalmente costruito su un tema vivace e ben ritmato. Una variante della seconda metà del ‘700 è il rondò-sonata per la somiglianza con questa forma: A-B-A1-C-A2-B-A3.

Dal 1200 in poi una delle tecniche più comuni per la creazione di forme musicali fu il contrappunto, cioè l’intrecciarsi di linee musicali.
L’esempio più semplice di imitazione melodica è il canone, in cui la stessa idea melodica viene proposta dalle varie voci con entrate sempre più ravvicinate. La stessa sequenza è quindi ripresa più volte a una certa distanza una dall’altra. Nel costruire un canone bisogna fare attenzione affinché la sovrapposizione delle parti non generi contrasti e confusione, per cui evitare figurazioni complicate. Il tema può essere ripetuto in modo identico, o trasposto o variato, affidando tutto all’estro del compositore.
Canone diretto: la forma più comune, in cui le parti scorrono parallele inseguendosi; incominciando tutto da capo si ha il canone perpetuo.
anone inverso: stesso ritmo ma le singole frasi vengono rovesciate: dove la linea scendeva ora sale, e viceversa.
Canone misto: è un miscuglio dei precedenti.
Canoni diversi sovrapposti: si tratta di linee melodiche diverse che hanno in comune solo l’armonia. Possiamo chiamare il canone “forma a catena” perché i vari elementi si agganciano uno sull’altro in pieno stile contrappuntistico.

L’imitazione rappresentò per molte composizioni il mezzo per dare unità alla forma. Un modello che ha dato largo spazio all’imitazione è la fuga, una composizione strumentale o vocale dalla costruzione molto elaborata, caratterizzata da un tema principale detto soggetto e uno secondario detto controsoggetto: tali temi trattati polifonicamente vengono riproposti ad altezze diverse nelle varie parti nel corso della composizione, spesso ripetuti sovrapposti. La fuga è articolata in tre parti: esposizione in cui sono esposti soggetto e controsoggetto; svolgimento in cui vari elementi dell’esposizione vengono elaborati contrappuntisticamente; conclusione in cui tutti gli elementi precedentemente esposti convergono con sempre più tensione verso quel centro d’attrazione che è la tonica. Lo schema utilizzato nella fuga è quindi tripartito: A-B-A1 con la parte B dello svolgimento svolto in modo inconsueto utilizzando vari artifici contrappuntistici, invece del consueto sviluppo melodico.

Lo schema viene ribaltato nella canzone, costituita da due episodi base ripetuti più volte: la strofa e il ritornello, dove la prima sezione serve a creare un clima di attesa e sospensione mentre il ritornello, più melodico e più interessante dà un maggiore senso di appagamento e conclusione. Lo schema complessivo di una canzone tipo potrebbe essere: A-B (rit.) -A1-B-B con replica finale a sfumare.

La struttura più utilizzata dal classicismo in poi è la forma sonata. Basata sul contrasto di tonalità, si può considerare il naturale sviluppo della forma binaria barocca. Questo schema sarà adottato come primo movimento di sonate, di pezzi strumentali quali quartetto, sinfonia ed altri. Il suo schema formale si compone di tre parti: esposizione (dove vengono presentati due temi, il primo alla tonica più ritmico e veloce e il secondo alla dominante più lirico) in cui prende vita il discorso musicale; sviluppo (dove il materiale dell’esposizione viene frazionato, sezionato, trasposto attraverso varie tonalità ricercando ulteriori idee) in cui le varie idee prendono corpo e vengono viste da varie angolazioni; ripresa o riesposizione in cui il primo e secondo tema vengono presentati nella tonalità della tonica. La sonata deve la sua fortuna al suo schema costruttivo, che costituisce un perfetto equilibrio tra l’armonia e il contrasto dei temi principali.

Molte composizioni sono costituite da diversi movimenti o tempi collegati tra loro dalla tonalità o dal materiale tematico utilizzato sistematicamente tra i movimenti – motivi ritmici e melodici – (composizioni cicliche), oppure il movimento costituisce un brano a sé stante che può essere indipendente dagli altri (come la suite in cui si succedono le varie danze), o al contrario i movimenti hanno una componente unitaria e si riallacciano uno all’altro (come avviene nelle sonate, sinfonie, concerti e quartetti del periodo classico e romantico).

E’ evidente quindi che la forma di una composizione musicale è il suo modo di presentarsi evidenziando l’idea, l’ispirazione del musicista. (continua)