Tanti Auguri, Maresciallo Atzeni!
Alla guida della Banda della Brigata Sassari, una tra le formazioni musicali più conosciute e amate, dalla costituzione fino allo scorso 2 Settembre: dopo 40 anni di onorata carriera, la meritata pensione.
Buongiorno, Maresciallo Atzeni. O preferisci Maestro? O forse entrambi?
No, Maresciallo va benissimo, anche se la denominazione ufficiale è Capo Musica. Non mi sono mai sentito un Maestro perché la conduzione della Banda della Brigata Sassari è sempre stata molto collegiale: ho avuto fior di musicisti e non mi sono mai sentito sul gradino più alto e anzi, è da loro, dalla loro competenza, che ho attinto umilmente, prendendo tutto quello che potevano darmi. In una banda militare, spesso e volentieri, hai a che fare con elementi di assoluto valore: ragazzi che sono stati primi strumenti in grandi orchestre e dai quali ho appreso molto, e davvero molto volentieri.
Allora benvenuto su MondoBande.it, Maresciallo Atzeni, e i nostri migliori auguri per la meritata pensione: ben 40 anni di carriera, gran parte dei quali alla guida della Banda della Brigata Sassari. Com’è iniziata?
Con la Banda della Brigata Sassari sono stati 33 anni, ma sono 40 effettivamente gli anni complessivi, naturalmente tutti spesi appresso alla musica militare. All’inizio, con la Banda dell’Esercito, dove ho fatto il corso da musicante, così come da denominazione data dall’Esercito Italiano.
Poi sono stato inizialmente a Macomèr, presso la Banda del Comando Militare Sardegna: era una banda quasi morente, però, perché nel frattempo stava nascendo a Teulada una Fanfara dei Bersaglieri e, a favore di questa, nonostante non fosse stata ancora autorizzata, di fatto era già in essere una sorta di emorragia di musicisti; tant’è che, da lì a poco, fu sancito ufficialmente che la Banda sarebbe stata sostituita dalla Fanfara del I Reggimento Corazzato a Teulada. In poco tempo vi fui trasferito anch’io, e sono stato Capo Fanfara per circa due anni.
Arriviamo così al fatidico 1988, che è l’anno in cui il Ministero della Difesa decise di ricostituire la Brigata Sassari in Sardegna. Essendo una Brigata, come tutte le Brigate doveva avere un suo organico, ed era prevista anche una banda. Nel mentre, in seguito ad alcune riconfigurazioni degli organici militari, la Fanfara a Teulada, quella con quei pochi elementi che aveva, me compreso, venne sciolta (più che altro, trasferita e oggetto di modifica di tipologia e denominazione), e ci mandarono quindi a Cagliari, a costituire la Banda.
Lo facemmo da zero, perché non c’era niente, tranne pochi strumenti che portammo via da Teulada, alcuni anche poco adatti a tale organico. La prima esibizione fu nel Novembre dell’88, ancor prima della Cerimonia di costituzione ufficiale, che avvenne a Sassari nell’Aprile ’89; però avevamo già fatto varie cose, cercando subito di dare alla Banda un’identità militare che era poi quella della mentalità di allora, con i tamburi imperiali davanti, il modello vesselliano, la disposizione dei clarinetti, gli strumenti medi al centro, i bassi dietro, la batteria un po’ centrale, e via dicendo.
Poi è venuto tutto il resto, grazie anche alle mie esperienze personali. Come mio padre, Peppuccio (venuto purtroppo a mancare lo scorso Febbraio, a 92 anni), che suonava in varie bande (Cagliari, Sestu, Dolianova, Sinnai, ecc.), io da bambino suonavo le percussioni, nella Banda Cittadina di Cagliari. Musicalmente, ho sempre avuto un’impostazione un po’ classica della banda, anche nel repertorio dove, devo dire, ho dei gusti un po’ anni ’70, ’80: riguardo a ciò, mi accorgo che c’è una certa differenza culturale tra quello che si ascolta e si suona oggi, e quello che metterei io in programma, e infatti devo dire che da alcuni mesi – pur essendo andato in pensione da pochi giorni – il mio Vice, oggi Capo Musica, Sergente Maggiore Capo Andrea Cardia, che invece nasce nella Banda di Sinnai, sta portando una cultura, un programma, un modello di esposizione verso il pubblico che è diverso. Mi sono accorto che è cambiato il registro (sorride, soddisfatto – NdR).
Quindi, un incontro con la Musica e con la Banda fin dalla tenera età.
Guarda, una cosa che dico sempre, e l’ho anche raccontato durante il mio recente commiato, è che ancora adesso il tutto mi sembra un po’ come una favola, come se avessi vissuto in una specie di leggenda. Avevo 6 anni, abitavo nei pressi della Fortificazione di S. Ignazio, nel colle S. Elia, e mio padre lavorava per la Marina; era nel ’70, perché si sentivano le urla del pubblico dell’Amsicora fino a casa (Andrea Atzeni è tifosissimo del Cagliari, come sanno tutti, e quelli erano gli anni di Gigi Riva e lo scudetto – NdR) e io potevo vedere, dall’alto, le varie caserme, le esercitazioni dei soldati nella stessa caserma dove poi sono stato io: per me era tutto affascinante, ne sono rimasto folgorato.
Mio padre, poi, che fece il militare anche suonando in Banda, nell’Aereonautica, ci raccontava sempre delle varie manifestazioni a cui partecipava, ed è stato lui a trasmettermi questa passione quasi un po’ poetica, romantica, della musica militare. Per Natale regalò a me e mio fratello due tamburi imperiali, e noi facevamo avanti e indietro, su per la collina, con questi tamburi, marciando, cantando e suonando: io sono proprio cresciuto sognando questa vita e facendo, da bambino, le stesse cose che poi avrei fatto durante la carriera. Già da bambino facevo le mie parate del 2 Giugno!
Quali sono state le emozioni più forti che hai vissuto?
In assoluto, i funerali dopo la tristemente nota strage di Nassirya. Per noi è stato un momento di vero e proprio sbandamento: eravamo in caserma, giunse notizia di queste morti, tra i quali Silvio Olla – con cui eravamo molto amici, e condividevamo il tifo per il Cagliari, e del quale conosco molto bene il padre perché era il mio maresciallo a Teulada – e, insomma, è stata una di quelle cose… Per tutta la giornata, ci dicevano: “Andate, non andate, andate, non andate…”. Poi, a un certo punto, mi squilla il telefono, mi dicono: “Ce la fate in 3 ore a mettervi sull’aereo?” Chiamo i ragazzi, partiamo. Il mattino dopo eravamo lì, c’era anche la Banda dei Carabinieri: loro all’ingresso, a fare il primo picchetto, noi invece nel sagrato. Abbiamo suonato il Silenzio, loro gli Onori e poi la Marcia Funebre di Chopin, una cosa indimenticabile: quegli ottoni che davano risalto a quelle note gravi… Poi, naturalmente, abbiamo suonato Dimónios: dovevi vedere la commozione, la gente… Ci siamo ritrovati biglietti di ringraziamento nelle tasche; Ufficiali e Generali, che venivano a darci le condoglianze… É stato un momento che mi ha portato fuori dalla dimensione di persona, di individuo: lì eravamo veramente una comunità, e anche per questo è un ricordo tra i più emozionanti, indimenticabile, ricco di pathos. E’ stata una cosa indimenticabile, indimenticabile (lo ribadisce più volte, ed è evidente la commozione sul suo volto – NdR).
Ce ne sono stati altri, poi, certo: il Papa in visita a Cagliari che si ferma, che mi vuole salutare e mi fa i complimenti, e poi ci invita a Roma, tant’è che poi, il 5 febbraio, il giorno prima del mio 50° compleanno, siamo andati a suonare al Vaticano. Anche quell’evento per me è stato molto emozionante: il modo in cui lo vive la gente, poi, è una cosa che ti trascina.
Ma ne ho vissute tante, di emozioni forti. Il 2 Giugno ad esempio è una cosa a cui non ti abitui mai: parti, coi ragazzi, scanzonato, in allegria, poi arrivi allo start, con l’avvicinamento fino al Colosseo, e poi da qui il rettilineo di Via dei Fori Imperiali… e, quando sei lì, proprio in presa diretta, vai in trance!
Ci sono state, al contrario, delle esperienze negative? Se si, ricordi in particolare qualche episodio specifico?
No, negative no: anche quando è successo qualcosa… Guarda, io ho un carattere un po’ fumantino, però non sono permaloso (o forse un po’); sono uno che metabolizza in fretta e, udite, udite, smonto subito, certe volte mi dimentico addirittura delle cose: se una cosa la digerisco, l’ho digerita davvero.
E anche quando qualcosa è successo… Sai, capita, a volte la gente viene mal consigliata; oppure, in un lavoro come il mio, dove ho avuto oltre 500 ragazzi, può capitare che più o meno ci possano essere delle incomprensioni, e cose del genere: qualche contrasto c’è per forza! Però non mi sono mai lasciato intristire oltre misura e, se qualche episodio spiacevole c’è stato, per me ora non esiste, non fa assolutamente testo.
Quindi, nessun rimpianto?
Assolutamente no, nessuno. Io ho colleghi militari che sono anche miei compari: ci si invita a matrimoni, battesimi, abbiamo fatto raduni. Ci vogliamo un bene dell’anima. Certo, non seu unu santu, eh! (it.: non sono un santo!)
Qual’è stato l’insegnamento più prezioso, ricavato da questi 40 anni di esperienza, che vuoi condividere?
Puoi avere tutti i titoli che vuoi, puoi essere virtuoso quanto vuoi, ma se non ci metti cuore, passione e umiltà, alla fine non vai da nessuna parte: questo è l’insegnamento.
Cosa significa coniugare la musica bandistica con la vita da militare? Quali differenze, a parte quelle ovvie, con una banda civile, non professionista?
Diciamo che è proprio un approccio diverso. La banda civile, nella sua accezione pura, anche se amatoriale, svolge una funzione di divulgazione culturale, e ha una sua precisa funzione sociale all’origine. Naturalmente negli ultimi anni c’è stato un cambiamento e di alcune, pur non essendo magari formazioni professionali, l’atteggiamento è comunque tale.
Nelle bande militari, è proprio l’organizzazione a essere diversa: le prove, lo studio dei brani, sono il lavoro di tutti i giorni. Ogni giorno, dopo le pratiche in ufficio e i controlli, c’è sempre lo studio, individuale e di insieme. Certo, è impossibile, e forse anche deleterio per certi versi, impiegare tutto il tempo ad esercitarsi: bisogna dividere le tempistiche. Certi comandanti a volte non capiscono che non si possono fare 8 di studio ogni giorno… Qualche volta, le bande militari peccano di romanticismo, di fantasia.
Nonostante si suoni, comunque si è sempre dei militari.
C’è una preparazione di tipo completo, e all’arruolamento si fa tutto come al solito, tra preparazione di base e specializzazione. Certo, non si pretende una prestazione da militare specialista, ma da militare specialista/musicista si: gli ordini sono qualcosa tipo “Domani viene l‘imperatore di quella Nazione”, e noi studiamo l’inno; “Domani viene il leader di quell’altra Nazione”, e noi studiamo l’inno. Sempre così, in tempi strettissimi: da questo punto di vista, dobbiamo essere sempre operativi. Agli ordini!
Viene addirittura scambiato da tantissimi, grazie alla sua notorietà, per l’Inno Ufficiale della Sardegna*: stiamo parlando di Dimónios. Ce lo racconti?
Si, è l’Inno Ufficiale della Brigata Sassari, e le parole e la musica sono di Luciano Sechi. In seno alla Banda è stato armonizzato e arrangiato per come lo conosciamo, con quest’alternanza tra musica e canto, e con una tonalità diversa dall’originale affinché l’impatto con i soldati fosse meno ostico. Dimónios è un figlio, per me, un dono, un altro segno del destino: mi è capitato, come per tutto il resto. La Banda della Brigata Sassari, tra le varie Forze Armate, la conoscono tutti: ed è Dimónios ad averla portata a questo livello di notorietà, che poi porta le persone a informarsi sulla sua storia, le sue imprese.
Lo amano proprio tutti: una volta mi chiama un amico, da New York, fermo in mezzo al traffico, e mi fa “Senti cosa sto ascoltando“, e diffondeva Dimónios a tutto volume per le strade della Grande Mela; tante persone ce l’hanno come suoneria nel telefonino; mi sono stati presentati Ufficiali, Comandanti, che per prima cosa mi dicevano: “Certo, so chi è Lei, la Brigata e Dimónios“.
Tra l’altro Dimónios raccoglie ampio consenso anche alla Parata del 2 Giugno.
Si, la gente reagisce proprio in un modo diverso; ma anche le Autorità, le Istituzioni, tutti. E’ un vero e proprio simbolo: non solo della Brigata Sassari, ma di tutta la Sardegna.
In diverse occasioni, con la Banda della Brigata Sassari, entrano a far parte dell’organico anche le launeddas, uno strumento tradizionale sardo. Cosa ci dici in proposito?
Dunque… ti dico la verità, volevo fare qualcosa di particolare, ma all’inizio avevo solo in mente di sostituire la mazza del mazziere con sa matzoca (è il bastone tradizionale dei pastori sardi – NdR), però non mi è riuscito. Poi ho detto a Vincenzo, che tra le altre cose è anche suonatore di launeddas: “Perché non le porti, quando sfiliamo, e facciamo Dimónios?” Era il 2013, ne parlai anche col Generale Scopigno, che era molto sensibile per queste cose più particolari, e mi disse “Vai, vai!”
Ebbene, è stata un’esplosione: per questa cosa abbiamo avuto complimenti da tutti, anche per il significato simbolico, essendo uno strumento tradizionale della nostra Regione. Dove non si era riusciti per anni con altre iniziative, questa ha bucato subito, riscuotendo enorme successo: nell’ultima Parata, Vincenzo le ha decorate con dei nastri bianchi e rossi, un figurone! Quando le vedono e le ascoltano, rimangono tutti stupiti e incuriositi, grazie all’aspetto e alla particolarità del suono.
Le avete usate anche in altre occasioni?
Assolutamente si: nell’ultimo CD che abbiamo registrato, proprio Dimónios l’abbiamo eseguita anche con le launeddas. Poi c’è Addio, mia bella, addio con le launeddas e, credimi, fa proprio emozionare: c’è anche la collaborazione del M° Fulvio Creux, perché è la sua trascrizione, e gliel’ho fatta sentire per avere dei consigli. Inizia con le launeddas che vengono da lontano, poi smettono e parte l’introduzione del tamburo. Bellissima!
E anche in alcuni concerti all’Estero, mi ricordo ad esempio in Libia. C’erano Bande bravissime, fantastiche: russe, messicane, ucraine, inglesi, americane, tedesche, francesi, ecc.. Eravamo lì, tutti a prepararci, tutti che suonavano, improvvisavano, e Vincenzo tira fuori le launeddas: hanno smesso tutti di fare quel che stavano facendo, e siamo stati circondati da musicisti da ogni parte del mondo, stupiti da questo nostro particolare strumento. Effettivamente is launeddas non hanno eguali da nessuna altra parte.
A questo punto, sarebbe auspicabile che qualche Compositore scrivesse un brano apposito per launeddas e banda…
Si, senza dubbio sarebbe bello! Per un brano per launeddas e banda lo spazio sicuramente c’è: senza snaturarle, perché non si può far fare a un qualsiasi strumento cose che non può fare, ma sfruttandole proprio per la loro timbrica particolare. Magari qualche mio compaesano (il riferimento non è casuale: Andrea vive a Sinnai, e con il M° Lorenzo Pusceddu si conoscono da tantissimo tempo – NdR), non ci metterebbe poi tanto a fare una cosa del genere.
Siamo giunti al termine. Cosa farà, d’ora in poi, Andrea Atzeni? Continuerà con la musica, e con la banda?
Sono un uomo molto fortunato, quindi non ho particolari desideri: ho un po’ di campagna da curare, qualche albero…
Ho intenzione di fare sicuramente qualche viaggio: sono stato in Turchia, per servizio, per l’Anno Europeo della Cultura, e c’erano degli spettacoli meravigliosi, questi percussionisti turchi che suonavano ‘sti timpanoni enormi, ‘sti piatti. Una cosa spettacolare, voglio assolutamente rivederli.
Come musicista non saprei, ma di sicuro non vorrei dirigere: magari però suonare, riprendere con le percussioni, quello si, mi andrebbe bene. Poi vabbè, canto nel coro “S’Arrodia” di Sinnai, dove sono un baritono, e mi diverto.
Al di fuori della musica, poi, nella vita ho fatto un sacco di altre cose: sono stato anche in politica, ho fatto di tutto. Da oltre 30 anni allevo canarini di colore, con molte soddisfazioni anche qui, avendo vinto una volta i campionati italiani e, recentemente, i mondiali. Ora sono Presidente di un’Associazione Combattenti, e vorrei rilanciare questo progetto, per valorizzare alcuni aspetti storici che Sinnai può vantare e a cui tengo particolarmente.
E, ovviamente, molto del mio tempo lo dedicherò alla mia famiglia e ai miei meravigliosi nipotini!
Bene, è ora di concludere, e ti rinnoviamo i nostri auguri. Vuoi augurare tu qualcosa alle Bande italiane?
Le Bande hanno una funzione sociale, che riconosco essere fondamentale (lo scandisce – NdR), perché ne ho vissuto io in prima persona i benefìci: sono nato in un periodo di grandi pericoli sociali, e riconosco all’aver fatto parte del mondo della banda gran parte della mia formazione positiva, anche caratterialmente parlando. Perciò voglio augurare a tutti di poter vivere in questo modo, e di pensare in questo modo l’approccio alle bande musicali. Un abbraccio e un saluto affettuoso a tutti!
* Mentre invece, come stabilito dalla L.R. RAS 14/2018 e attuato con il D.P. RAS 48/2019, è l’Innu de su patriota sardu a sos feudatàrios, conosciuto anche per i primi versi “Procurade ‘e moderare, barones, sa tirannia…“