Intervista a Maurizio Managò

Dopo l’esperienza col M° Riccardo Muti, culminata con l’esibizione al Festival di Ravenna, incontriamo uno dei direttori dell’Orchestra Giovanile di Delianuova

Buongiorno Maurizio, e benvenuto su MondoBande.it. Parlaci un pò di te, del tuo percorso musicale e delle tue attività.
Ciao a tutti, mi presento: mi chiamo Maurizio Managò, sono nato e vivo nella provincia di Reggio Calabria, precisamente a Seminara, piccolo centro famoso soprattutto per le ceramiche di origine greca e per la presenza di una piccola formazione bandistica già sin dal 1820.
Io devo molto a mio papà, il quale in questo momento è nel pieno della sua giovinezza, ha 84 anni, 67 dei quali trascorsi con un sax alto in mano, ha collaborato con una cinquantina di bande calabresi, pugliesi e siciliane.
Sono il maestro-direttore di due formazioni di fiati della mia provincia, mi piace però sempre sottolineare che ne sono, insieme al mio collega Gaetano Pisano, anche il fondatore, infatti i ragazzi dei due gruppi hanno intrapreso lo studio della musica proprio con noi; le due bande sono il Complesso Bandistico Municipale di Melicucco e l’Orchestra Giovanile di Fiati di Delianuova.
Il mio percorso musicale è sicuramente uguale a quello di tanti altri miei colleghi; mi sono improvvisato maestro in quanto diplomato al conservatorio e ignoravo che un maestro-direttore aveva altri percorsi di studio da seguire. La mia regione, bandisticamente, non ha mai dato niente di importante e ha sempre cercato di scopiazzare (male) il modello delle bande da giro, quindi non avevamo punti di riferimento.
La svolta si è avuta grazie all’ incontro con il M° Michele Netti; oltre alle sue lezioni abbiamo avuto modo di capire cosa stava succedendo già da anni in alcune zone della Sicilia, la banda intesa come formazione orchestrale di assoluto livello, un organico che rispecchiava i modelli della Symphonic Band europea ed extraeuropea, un repertorio originale che le permetteva di esprimersi in maniera più naturale e quindi più professionale.
Io, figlio di un bandista che per anni ha mandato avanti la famiglia girando per l’Italia meridionale tra casse armoniche, processioni interminabili, lunghe notti sui pullmann, tra una Traviata e una Lucia, oppure tra una Pupetta Innamorata e Ligonziana, ero rimasto letteralmente affascinato da questo nuovo (per me) sound della banda e da questa grande professionalità.
Iniziammo subito a prendere contatti con le figure più importanti del panorama musicale bandistico, organizzammo dei corsi di Direzione e degli incontri con le nostre due formazioni con lo stesso Michele Netti, ma anche con Lorenzo Pusceddu, Daniele Carnevali e Marco Somadossi, figure determinanti per la nostra crescita.
Il successivo incontro con una altra importante figura, quale quella del M° Angelo De Paola, calabrese, che io da grande ignorante nemmeno conoscevo, ha messo in moto tutto un processo che oggi è sotto gli occhi di tutti.

Negli ultimi tempi sei balzato agli onori delle cronache nazionali per l’evento che ha visto protagonista la tua banda impegnata in più occasioni in incontri con il M° Muti. Tutto ha avuto origine nel 2006…
E’ stato tutto un susseguirsi di situazioni incredibili che ci hanno trascinato in un vortice di emozioni bellissime e indescrivibili. Tutto è cominciato, appunto, nel 2006, grazie alla figura del Dott. Eduardo Lamberti-Castronuovo, reggino DOC, grande personalità e grande cuore per la musica; il M° Muti si trovava a Reggio Calabria per un concerto con la “Cherubini” e rivolse al Dott. Lamberti una domanda: “Dottore mi dica, quali sono le due cose più belle della sua terra?” Il Dott. Lamberti senza pensarci un attimo risponde: “il bergamotto e i ragazzi dell’orchestra giovanile di Delianuova”.
Il Maestro si incuriosì molto, ne volle sapere di più e grazie al suo interessamento il Venerdì di Repubblica il 18 agosto del 2006 pubblicò due pagine sulla nostra realtà.
La cosa più importante però è avvenuta il 22 dicembre del 2006: Muti ritorna a Reggio Calabria per un altro concerto al “Cilea”, il dott Lamberti gli chiede: “Maestro, i giovani musicisti di Delianuova potrebbero venire a trovarla in albergo per una foto?”. E Muti: “Dottore, che ne pensa se i ragazzi portassero i loro strumenti, subito dopo della prova con la mia orchestra vorrei sentirli…”.
Non vi dico cosa abbiamo provato in quel momento: paura, senso di smarrimento, pensammo anche ad un “suicidio di massa”… scherzo chiaramente… Tanta, tanta emozione ma anche tanta carica: noi al teatro “Cilea” con unici spettatori il grande Muti e tutti gli orchestrali dell’ “Orchestra giovanile Cherubini”.
Suonammo chiaramente due brani di musica originale: A Little Suite for Band di Clare Grundman e Invicta di James Swearingen. I ragazzi furono eccezionali e, secondo me, anche un po’ incoscienti; al termine dell’esecuzione io e il mio collega ci siamo domandati “E ora cosa succede?”
Il maestro Muti salì in mezzo a noi e ci parlò per ben 22 minuti, le sue parole rivolte a noi e ai ragazzi erano ricche di stupore, piacevole sorpresa e tanto compiacimento. Questo un piccolo sunto di quello che disse:
“Fate suonare questi ragazzi ogni domenica in Teatro! Lo meritano! Sono ambasciatori della positività calabrese. Sono un esempio di disciplina musicale. Chi, come loro, raggiunge l’armonia in musica, raggiunge anche l’armonia nella società. Il vostro modo di suonare, il vostro modo di essere non è importante solo per voi; voi non immaginate quanto influenza avrà questo modo di essere, questo modo di suonare nella società della vostra regione”.

Poi l’evento “Ravenna Festival”. Quando avete saputo di questo importante invito?
E’ stato sempre il dott. Lamberti a comunicarlo, prima al nostro grande ed instancabile presidente dott. Giuseppe Scerra e successivamente a noi durante un concerto a Villa San Giovanni, il 30 dicembre scorso. In quel momento, mentre il pubblico applaudiva per questa grande notizia, tra di noi c’era un mix di gioia e incredulità, tutto quello che puoi provare cercando in quel preciso istante di mettere a fuoco che tra qualche mese avresti dovuto dirigere proprio lì dove l’anno prima c’è stata l’esibizione di orchestre come  I Wiener o la  New York Philarmonic.

Che emozioni hai provato a dirigere in sua presenza?
Io ho diretto la “Little Concert Suite” di Reed subito dopo la “Norma” diretta da lui, ma  probabilmente quella sera erano talmente tante le emozioni che non mi sono reso conto,  ma… meglio così! Il braccio comunque tremava abbastanza.

E i ragazzi? Che aria si respirava?
Chiaramente tanta attesa, grande emozione e grande rispetto per questa straordinaria presenza. Io e il mio collega Gaetano, insieme ai ragazzi, avevamo lavorato tanto per questo appuntamento e una delle nostre preoccupazioni era appunto il dubbio di aver forse caricato di  troppe responsabilità gli stessi; così non è stato, ancora una volta siamo rimasti sbalorditi dalla loro concentrazione e dal loro essere sempre in gamba nei momenti importanti… GRANDI!!!

Abbiamo notato che la scelta dei brani da te eseguiti, studiata con criterio, è stata ben diversa dai brani diretti dal M° Muti. Cosa ci puoi dire in proposito?
Secondo me, Riccardo Muti può essere considerato il più grande interprete del sinfonismo italiano, in questo repertorio non ha uguali. Ha poi scelto due autori, Verdi e Bellini, nord e sud; simbolico e geniale nello stesso tempo: con due capolavori, come Norma e Nabucco, ha voluto unire tutte le bande d’Italia.
Io e ed il mio collega, invece,  abbiamo scelto un programma più consono ad una formazione di fiati. Sapevamo che il “Ravenna Festival” è un palcoscenico prestigioso e non potevamo sbagliare proprio nella scelta del programma; abbiamo pensato a due brani storici e fondamentali del repertorio bandistico internazionale, come la First Suite di Holst e Toccata for Band di Erickson, ad autori importanti come Grainger, Barnes, De Haan. Non poteva mancare la musica d’intrattenimento e abbiamo pensato alla scoppiettante African Symphony e poi ad una marcia sinfonica di repertorio proprio per salvaguardare e rivalutare questo tipo di composizione originale per banda tipicamente italiano.

Come è stato l’approccio di Muti con i musicisti della banda? Ha trovato difficoltà nel dialogare musicalmente con i ragazzi? E i ragazzi come si sono trovati?
E’ stato un grande anche in questo, ha subito instaurato un grande feeling con i ragazzi, è stato molto comunicativo. La sua prova è durata circa 2 ore e un quarto e il Direttore Artistico del festival ed alcuni giornalisti presenti ci hanno detto che ha prestato alla prova la stessa attenzione e la stessa cura come se avesse di fronte i Wiener o i Berliner.

Cosa vi ha insegnato questa esperienza, ovviamente in primis a te e poi i ragazzi?
I ragazzi hanno vissuto un bellissimo sogno divenuto realtà, hanno avuto la possibilità di comunicare attraverso l’animo di un grande interprete di quest’arte meravigliosa. Per quanto mi riguarda penso che ognuno di noi, in qualsiasi momento della vita, può imparare tanto. Quella di Ravenna è stata un’esperienza che porterò sempre con me, umana e professionale. Come posso dimenticare l’applauso di circa 3000 persone? E poi tante altre emozioni meravigliose… andiamo però sul privato, meglio passare ad un’altra domanda.

Dopo questa esperienza con Muti, è cambiato qualcosa nella banda e nei suoi direttori? O è rimasto tutto invariato?
Assolutamente si! Abbiamo tanti difetti, ma vi posso assicurare che abbiamo un grande pregio, non ci siamo mai montati la testa, siamo solo all’inizio di un percorso. Anche in Italia ci sono tantissime orchestre di fiati e bande eccezionali che avrebbero meritato questa attenzione, continueremo a lavorare con grande impegno e grande passione e l’esperienza di Ravenna sarà per tutti noi l’ennesimo punto di partenza.

L’evento è stato protagonista di apparizioni su trasmissioni nazionali, interviste e servizi nei più importanti TG: l’ambiente bandistico nazionale secondo te, ha avuto dei benefici dall’interessamento del M° Muti? Se si, in quali termini e in che misura?
Se un direttore del calibro di Riccardo Muti dice: ”La banda non è inferiore qualitativamente all’orchestra, è solo un’altra cosa, altro organico e altro repertorio, questo non vuol dire minore qualità”, e se poi mettiamo tutta l’importanza che hanno dato i media all’evento e sappiamo cosa  rappresenta il potere del’informazione, possiamo quindi pensare che questo è un momento storico per tutto il nostro movimento; dobbiamo solo cercare di sfruttarlo nel migliore dei modi.
Il 7 ottobre, per esempio, a Roma ci sarà un incontro delle Federazioni di settore con il Ministro, speriamo bene… che ci sia un cambio di tendenza non solo da parte delle Istituzioni ma soprattutto da parte nostra… è chiaro, vero?

Assolutamente… Avete ricevuto inviti per partecipare ad altri festival o eventi simili?
Il 3 luglio scorso abbiamo partecipato ad un’altra importante stagione concertistica che si svolge da quattro anni presso l’anfiteatro dei Giardini “La Mortella” di Ischia. Quest’evento è organizzato direttamente da Lady Susanne Walton, moglie del grande compositore inglese William Walton. A questo appuntamento partecipano da anni orchestre sinfoniche giovanili provenienti da tutto il mondo. Esibirsi anche ad Ischia, come prima formazione musicale  di fiati, è stato per noi un grande onore e pensiamo di essere riusciti a dare una bella immagine di quella che deve essere un’orchestra di fiati o banda da concerto. Sempre con i ragazzi di Delianuova, abbiamo contatti per il 2009 per essere ospiti al “Ravello Festival” e al “Roccella Jazz”, mentre la prossima estate, con i ragazzi del Complesso Bandistico di Melicucco, saremo di nuovo protagonisti al “Certamen International de musica de Bandas” di Valencia, dove siamo già stati ospiti con grande successo nel 2006 per la terza sezione; questa volta invece ci esibiremo nella mitica Plaza de Toros come ospiti della prima categoria… una bella responsabilità.

L’Orchestra Giovanile di Delianuova ed il Complesso Bandistico di Melicucco hanno  anche la caratteristica di essere dirette da 2 maestri. Supponiamo sia importante per entrambi viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda per ottenere dei così alti riconoscimenti e dei traguardi importanti…
E’ vero, è una cosa particolare, un gruppo diretto stabilmente da due direttori non è una cosa molto comune. Poi, se pensiamo che sono costretto a sopportare il mio collega da 12 anni potete capire tutto. Chiaramente anche su questo scherzo…
Lavoriamo bene insieme, abbiamo un ottimo rapporto: lui è un buono, riflessivo, calmo; io invece più istintivo, sanguigno, calabrese puro. Certamente non mancano le diversità di vedute, ma la nostra arma vincente è l’amore per il nostro lavoro, l’affetto per i nostri musicisti e soprattutto ambizioni e obiettivi comuni: tutto questo può far lavorare insieme anche 100 direttori.

Per il contesto calabrese cosa rappresenta il lavoro che state portando avanti?
Oggi, parlando della nostra provincia, possiamo trovare una notevole attività didattica e concertistica; numerose formazioni musicali di fiati (Ardore, Bagnara, Delianuova, Melicucco, Oppido Mamertina, Reggio Calabria, Seminara, Scilla) ed i loro maestri collaborarono unitamente alla crescita culturale della zona. La formazione musicale di Melicucco, soprattutto, rappresenta un importante punto di riferimento per l’intera regione. Non dimentichiamo inoltre che anche nelle altre provincie calabresi esistono delle ottime scuole e delle ottime formazioni, come Dipignano, Roccabernarda, e soprattutto le due formazioni di Amantea, dove opera il nostro maestro Angelo De Paola, e poi tutta una serie di importanti iniziative tra cui spicca il prestigioso Concorso Nazionale per Complessi Bandistici ed Orchestre di Fiati “Suoni in Aspromonte”, giunto ormai alla 4ª edizione, l’organizzazione di festival, di masterclass di direzione, di corsi di perfezionamento strumentale che hanno visto la presenza di grandi musicisti come Davide Formisano, Francesco Tamiati, Fabrice Morettì, Fabrizio Meloni, Jacques Mauger. Stanno inoltre nascendo nuove importanti realtà; prossimamente altre cittadine della nostra provincia, come Taurianova e San Ferdinando attiveranno dei laboratori musicali per l’istituzione di formazioni musicali giovanili di fiati.
Ma è soprattutto a Laureana di Borrello che nel Natale prossimo nascerà l’Ensemble Giovanile di Fiati, quasi 80 ragazzi stanno lavorando con me per scrivere un’altra bella pagina di storia musicale e sociale della nostra terra. Questa nuova bella realtà rappresenta un chiaro esempio di lavoro sinergico tra il mondo della scuola e l’associazionismo esterno.
Come cito nel mio libro, oggi, la nascita dei nuovi maestri-direttori nella nostra regione, diffonde un nuovo modo di pensare alla banda e di rapportarsi con essa, una banda svestita da qualsivoglia pregiudizio negativo, una banda capace, ormai a tutti i livelli, di contribuire a soddisfare la crescita ed il bisogno musicale di una terra dove queste istituzioni rimangono le poche verità di un far musica collettivo. Questa importante attività è determinante, affinché la banda possa recuperare quella giusta dignità che la storia ci ha insegnato appartenerle.

Veniamo appunto al tuo libro dal titolo “Al di qua del faro”, frutto di analisi e di ricerche storiche sulla situazione attuale delle bande calabresi. Parlaci dei contenuti e del perchè questo titolo in particolare.
L’idea di un libro l’ho avuta per caso, leggendo la rivista trimestrale “Big Banda” pubblicata dalle Edizioni Musicali Scomegna di Torino. Angelo De Paola, che ancora non conoscevo, parlava di quanto stavamo facendo nella nostra provincia, con dei riferimenti storici all’attività che circa 150 anni prima aveva caratterizzato la stessa zona d’Italia. In questa mia pubblicazione, quindi, ho voluto subito, seppur brevemente,  raccontare quello che era avvenuto in una delle più importanti istituzioni educativo-didattico della nostra provincia, l’Orfanotrofio Provinciale di Reggio Calabria, struttura che aveva nell’educazione musicale e, soprattutto nel settore bandistico, un grande ruolo sociale e musicale. Nello stesso periodo storico con il termine “al di qua del faro” si intendeva la terra ferma; “al di la del faro” era invece la Sicilia. Sono rimasto affascinato da questo modo di dire e ho pensato che poteva essere un buon titolo per il mio libro.

Una curiosità: a parte la dedica personale che mi hai scritto nella copia del libro gentilmente regalatami, ce n’è una ufficiale che recita:

“A Sarina, mia madre e a Totò, mio padre,
che mi ha obbligato ad amare la banda”

Cosa significa quell’ “obbligato”? Vuoi aggiungere altro?
Come dicevo prima, a parte l’immenso amore che ognuno di noi ha per i propri genitori, io devo molto a mio padre. Ero una più che discreta promessa calcistica e i miei sogni erano più legati ai campi di calcio che al pentagramma. Ricordo sempre che, nonostante mio padre mi abbia vietato di andare a fare un provino per una squadra importante, io di nascosto ci andai lo stesso. Il provino fu superato, ma fuori dal campo c’era lui che mi aspettava; fu una delle poche volte che le presi ben bene da mio papà. Da allora per me il calcio è solo un bell’hobby… grazie papà!

Cosa vuol dire per te dirigere?
Rispondendo a questa domanda si rischia di dire delle banalità. Personalmente penso comunque che dirigere vuol dire saper emozionarsi e riuscire a coinvolgere i tuoi musicisti e il pubblico nelle tue emozioni.

Concludendo: cosa farà Maurizio Managò da grande? Qualche progetto di cui vuoi metterci al corrente?
Cosa farò da grande? Bella domanda, me lo chiedo sempre anch’io! Voglio però provare a rispondere. Io sono consapevole del ruolo che ho: tanti giovani hanno iniziato con me lo studio della musica, alcuni già professionisti, alcuni già insegnanti, tanti di loro sono già orchestra, cioè laboratorio di vita; spero di essere e di essere stato un buon esempio per loro e per tutti gli altri miei piccoli e grandi musicisti.
Professionalmente spero di poter continuare a lavorare con tanto entusiasmo e tra tanta gente che ti trasmette quell’affetto che ti fa capire che stai lavorando bene.
Oltre alle cose importanti che ci attendono delle quali ho parlato prima, mi piacerebbe poter trasmettere la gioia del mio lavoro anche in progetti umanitari e forse questo si sta già avverando: infatti è più che un’idea l’ipotesi di portare un gruppo di fiati della nostra provincia in terra di Palestina per dei concerti rivolti a giovani israeliani e palestinesi; è un altro grande sogno… spero di cuore si avveri.
Dal punto di vista personale invece, voglio assolutamente trovare un po’ di spazio anche per me, per la mia vita privata, per i miei affetti e per tutte quelle piccole cose che spesso ho trascurato.

E’ stato un piacere dialogare con te, come sempre. Concludiamo con un saluto finale a  tutti gli amici di MondoBande.it?
E’ stato un grande piacere anche per me. Vorrei semplicemente concludere salutando te e tutti gli Utenti, con l’augurio di poter vivere sempre la musica con gioia e serenità.

(a cura di Carmelo D.)