Intervista a Daniele Carnevali

Una vita in musica e soprattutto in banda: conosciamo meglio uno dei più famosi compositori di musica originale per banda in Italia

Buongiorno M° Carnevali, e benvenuto su MondoBande.it. Lei è il compositore più conosciuto nel panorama bandistico italiano, ma la prima domanda che poniamo a tutti i grandi personaggi protagonisti delle nostre interviste è sempre la stessa: ci parli un pò di Lei e delle Sue attività.
La mia vita musicale è iniziata con mio zio che, invece di cantarmi le filastrocche, mi cantava le canzoni di F. Sinatra (i mie due nonni entrambi Maestri di banda). Le prime foto all’asilo ne sono testimonianza: mentre altri bimbi avevano i giocattoli di ogni tipo io avevo una trombetta… Poi i ricordi di mia madre che diceva che io cantavo, suonavo, zuffolavo e fingevo di suonare con qualsiasi cosa trovassi per casa. Poi iniziano i miei ricordi: la scuola di banda presso la società musicale Estudiantina di Casalmaggiore (CR) dove sono nato, il gruppo all’oratorio e la banda ove suonavo il 2° flicorno contralto. Ricordo il primo brano che suonai al debutto: “Chissà se và”, nota hit della Raffaella nazionale. Poi il Jazz, la mia grande passione. E’ stato grazie al jazz che ho iniziato a studiare in privato (armonizzazione-arrangiamento) a Cremona col M° Donzelli, il pianista di Mina, il quale mi ha trasmesso il sistema Berkley school.
Poi Ragioneria e contemporaneamente il Conservatorio a Parma (tromba e composizione), poi sempre a Parma università, facoltà di Magistero, dipartimento Storia della musica.
Appena diplomato in tromba ho iniziato a lavorare nell’orchestra del Teatro Regio di Parma come aggiunto e in palcoscenico. E intanto studiavo composizione, musica corale e strumentazione per banda, e ancora oggi mi chiedo dove trovassi le energie. Nel frattempo preparavo arranangiamenti per vari organici di fiati come “Brass in Concert” affrontando repertori di ogni tipo, dai classici del jazz, musicals, hits del pop e i primi brani di Ted Huggens… era la fine degli anni ’70. In teatro poi ho trascritto per tutti gli ottoni e percussioni un concerto intero che spaziava da Gabrieli ai Beatles passando per Gershwin (Un Americano a Parigi) e Moussorgsky (Quadri d’una esposizione); bel programmino, un pò impegnativo da sostenere con ottoni.
Poi il Diploma di strumentazione per Banda con il M° Bruno Mussini, figura fondamentale della mia formazione musicale globale; in quanto mio maestro di Banda a Casalmaggiore portava nuova musica originale (da lui composta) con linguaggi musicali del Primo Novecento.
Reperire musica originale negli anni ’70 era un po’ complicato, mentre oggi grazie a decenni di informazione e importazione da parte di alcune case editrici, anche italiane, sembra tutto scontato.
Poi nell’87 l’istituzione della cattedra di strumentazione a Trento, la direzione artistica del Flicorno d’Oro nel ’92, e da li la mia vita musicale è diventata pubblica.

Nella Sua biografia leggiamo che ha cominciato studiando musica corale e direzione di coro: quando ha deciso di rivolgere le Sue attenzioni al mondo bandistico? Quali i motivi che l’hanno spinta a questo cambiamento di “direzione” – se c’è stato?
In ordine i diplomi sono stati Tromba nell’81, Strumentazione per Banda nell’85, Musica Corale e Direzione di Coro nell’86. L’ultimo diploma lo ho acquisito solo per ampliare le mie conoscenze.

Quindi ha cominciato direttamente con la banda. Continua ancora con l’attività corale? In quali forme?
Nell’ 86 ho scritto “Messa pro Pace”, e in alcune occasioni nei lavori di recupero di inni della tradizione montana rielaborati per coro e banda.

Spostiamoci allora sugli argomenti bandistici: preferisce l’attività di direttore, di insegnante, o di compositore?
Nel momento che dirigo preferisco fare il direttore, così pure quando compongo, preferisco fare il compositore. Un discorso a parte lo riservo al lavoro di insegnante al quale dedico tanto tempo ed energie perchè si lavora sulla formazione altrui e quindi ne sento la responsabilità.

Daniele Carnevali direttore: quali brani ama di più, sente più “suoi”? E perchè?
Sono tanti i brani che ho amato e nel lavoro di direttore ho cercato di trasmettere prima a chi li eseguiva e, di riflesso, a chi ascolta: ho sempre considerato la banda un prisma che scompone e proietta sul publico le emozioni del direttore. Alcuni brani come “Sinfonia Nobilissima” di R. Jager, “El camino real” di A. Reed, oppure “Pagan dances” di J. Barnes: ad un certo punto mi sono imposto di non eseguirli più. Poi ricordo con affetto “Diagram” di A.Waignein, perchè con questo brano nel 1998 abbiamo vinto il primo premio al concorso di Valencia con la banda Trentino Wind Band, gruppo nato da persone che volevano affrontare repertori inaccessibili, una delle prime formazioni in Italia autogestite, autofinanziate. Infine il brano al quale sono in assoluto più affezionato “Ouverture fur Harmoniemusik” op. 24 di Mendelsshon.

Cosa cerca di trasmettere ai musicisti e al pubblico? E in generale, cosa deve fare un direttore, insieme alla banda, per rappresentare al meglio il ruolo di tramite tra compositore e pubblico?
Credo che il direttore debba trasmettere il più fedelmente possibile l’idea del compositore, rappresentata dalla partitura, attraverso l’aderenza assoluta all’organico richiesto (a volte l’aspetto più difficile), la fedeltà di lettura (dinamica e agogica) e dando il valore aggiunto alla composizione con idee interpretative (ad esempio il fraseggio). Ma la migliore dote dell’interprete credo sia saper quantificare, relativizzare i propri interventi interpretativi sopratutto in rapporto alla forma e allo stile compositivo che ogni volta si affrontano. Questo è ciò che cerco di realizzare ogni volta che affronto una nuova partitura.

Lei personalmente, a cosa pensa mentre dirige un concerto?
Durante il concerto, brano per brano, cerco di gestire il suono, gli equilibri timbrici, dinamiche, fraseggi, in modo che tutto avvenga come si era stabilito durante le prove, cercando di evitare gli eccessi di “troppo zelo” che potrebbero capitare, provocati dall’eccitazione del concerto.

E in prova?
In prova cerco le soluzioni più pratiche per arrivare nel modo più spontaneo agli obiettivi che mi sono prefissato.

Daniele Carnevali insegnante: cosa da di sè ai propri allievi? E gli allievi, nel corso degli anni, cosa hanno dato al M° Carnevali?
All’insegnamento, come dicevo prima, riservo molto del mio tempo e tante energie, nel senso che cerco di trasmettere una formazione di base comune a tutti i miei allievi, a cui si aggiunge la mia esperienza personale fatta sul “campo” e in continua evoluzione. Nel frattempo diversifico le fasi finali della formazione, “personalizzandola” in modo da valorizzare al meglio ogni singolo allievo. Ad esempio con alcuni sono state affrontate le forme e i linguaggi compositivi del ‘900, e sono stati prodotti brani che hanno vinto concorsi di composizione bandistica oppure sono entrati nel repertorio bandistico grazie alle pubblicazioni; altri hanno preferito dedicarsi alla trascrizione, e con loro si sono affrontate pagine da Poulenc, Prokofiev, Schonberg ed altri; c’è chi invece si è dedicato allo studio della marcia nelle varie sfaccettature storiche, formali, tecniche, producendo una tesi e cosi via.
Nella mia classe gli anni non sono mai uguali fra di loro. Recentement ho portato due allievi (Somadossi e Locatelli) in Olanda per confrontarsi con questa diversa realtà nel momento finale del Biennio specialistico e si sono laureati dirigendo una formazione bandistica del posto, esaminati da una commissione mista Italia Olanda. Qualche anno fa con l’intera classe siamo stati nella sede della Banda dell’Esercito di Roma e i giovani hanno potuto dirigere le proprie trascrizioni e composizioni guidati da Fulvio Creux. Dall’insegnamento ho avuto le soddisfazioni più profonde, come ad esempio degli ex allievi che insegnano la stessa materia al Conservatorio oppure sono compositori e/o direttori apprezzati.

L’insegnamento della musica nella Scuola italiana e nei Conservatori: se fosse il ministro della Pubblica Istruzione?
Domanda alla quale non saprei rispondere… però cercherei di informarmi e prenderei esempio da altre nazioni dove l’insegnamento musicale di base (e sottolineo di base) funziona e dà risultati.

Daniele Carnevali compositore: cosa lo ispira, e quali stati d’animo attraversa mentre scrive?
In genere compongo su commissione, e allora cerco di trasmettere le mie idee musicali facendole aderire il più possibile all’organico, alle reali capacità ed esperinze della Banda che mi richiede il lavoro. Ecco il motivo per cui nella mia produzione si trovano dai brani come “Halla Fantasy” per la banda della città di Jeju (Sud Corea) formata dai fiati dell’orchestra locale e i migliori universitari del dipartimento di musica, al brano con accenti pop o rock richiestami da una qualsiasi banda giovanile in via di formazione, oppure “Cinecittà”, un brano composto per la Banda Esercito Italiano ma commissionata dall’organizzazione del Festival Internazionale di Bande Militari che si svolge a Modena, nel quale doveva trasparire “italianità”.
Si aggiunge poi una produzione specifica richiestami dalla casa editrice Scomegna, con la quale collaboro in forma esclusiva da 15 anni circa, che vada a inserirsi in certe nicchie di offerta sul mercato.

Che rapporto sente con gli esecutori e col pubblico?
Con gli esecutori collaborazione, stima, e amicizia con alcuni. Col pubblico rispetto.

In alcuni titoli della Sua vasta produzione, soprattutto quella destinata a formazioni più giovani, compare la parola “rock”, ed alcuni brani come “Teorema” sono, se mi passa il termine, “rockeggianti” anche nello stile. E’ un amante del genere? Se si, come lo lega alla banda?
Forse in parte ho risposto prima… in Teorema poi, il brano che mi ha fatto conoscere, ho utilizzato i ritmi del rock e del pop, ma il brano è tutto costruito in senso verticale (armonie) e orizzontale (melodie) con il materiale intervallare dell’introduzione. Sono orgoglioso di questa composizione del ’92 perchè riassume le tecniche compositive della musica colta con un sound accattivante e commerciale.
Il brano ha raccolto consensi entusiastici dalle bande, dalla base, e altrettanti dissensi da chi ha “sentito” solo la batteria e quindi non si è degnato di “ascoltare” il brano e poi magari analizzarlo.

Il sodalizio “Carnevali – Scomegna” è risultato vincente e duraturo negli anni: come è nato questo rapporto con la più importante casa editrice di musica per banda italiana?
Il sodalizio con le edizioni Scomegna è nato con “Teorema” e continua in modo esclusivo a tutt’oggi. In questi anni è nato non solo un rapporto di collaborazione, confronto e scambio di idee, ma anche una vera amicizia con i titolari Lucia e Roberto.

Ma un compositore di musica per banda può “campare” facendo solo questo mestiere?
In Italia non è possibile, al massimo si può arrotondare… a meno che non si falsifichino i bollettini della Siae in una rete di scambi come alcuni, in modo ignobile, fanno. Il compositore per banda in Italia poi viene continuamente derubato dallo stesso mondo bandistico con le fotocopie.

Secondo Lei, sono le case editrici a fare le regole del mercato della musica per banda, o sono le bande e i loro direttori?
Ovvio che sono le case editrici, cercando di cogliere i segnali provenienti dalla base, ovvero analizzando le preferenze attraverso gli acquisti, le esecuzioni dei vari Maestri. Solo attraverso questi mezzi si possono poi proporre nuovi autori, nuove composizioni, sostenere i concorsi che propongono musica originale, sponsorizzare concorsi di composizione.
Non dimentichiamo che in altre nazioni esistono biblioteche di sola musica bandistica nelle scuole di ogni ordine e grado e questo assicura lavoro e vendite all’editoria bandistica, esistono supporti economici alle edizioni, ai compositori. Qui in Italia non esiste nulla di tutto ciò.

Il mondo bandistico italiano: come lo vede? E come lo vorrebbe vedere?
Il mondo bandistico italiano è vario e ricco di sfaccettature, inoltre sta vivendo da più di un decennio una trasformazione continua adeguandosi negli organici e nei repertori agli standard bandistici globali. Credo che questo sia un bene e a tal proposito vorrei ricordare una frase che mi disse Jan van Der Roost a proposito della tradizione bandistica italiana: “E’ come parlare del repertorio tipico austriaco, connota una zona geografica ristretta da salvaguardare, senza pretendere però che sia quella la musica bandistica”… Non mi sento di rispondere a come “vorrei vedere” il mondo bandistico, ma a come non lo vorrei vedere: non vorrei vedere quelle bande che che restano sempre uguali a se stesse e confondono “la tradizione” con l’immobilismo.

Come compositore, ha raggiunto traguardi importanti: sente di aver già detto tutto, o c’è ancora qualcos’altro nel suo “cassetto”?
Come compositore ho sì raggiunto tante bande, scrivendo quella musica che ritenevo adatta agli organici e alle esigenze del momento nei primi anni ’90. Poi mi sono rivolto alle nascenti bande giovanili e alle nuove Symphonic bands, scrivendo brani molto differenziati dal grado di difficoltà ai linguaggi musicali proposti. Molti miei brani sono diventati d’obbligo nei vari concorsi italiani e francesi. Ora ho diverse commissioni da evadere che derivano dal mondo “colto” che si vuole compenetrare con la Banda. Tutto questo mi fa pensare che finalmente la cultura ufficiale si è accorta che esiste un’altra cultura parallela che ha pari dignità.

Lei è molto richiesto per comporre su commissione: è un vantaggio, o si sente una maggior “pressione”?
Non credo di subire pressioni dalle commissioni, anzi diventano ogni volta uno stimolo. Lavoro come un sarto che cerca di adattare un proprio vestito a chi dovrà indossarlo.

A livello personale, quali sono i brani dei Suoi colleghi italiani che preferisce, e perchè?
Difficile rispondere, perchè non sempre si riesce a seguire tutta la produzione; comunque in genere apprezzo i brani che coniugano l’ambizione artistica all’edonisticità. Credo che un buon brano per Banda debba essere adatto ad un concorso di esecuzione e che possa essere apprezzato anche dal pubblico che occasionalmente segue la Banda.

E dei Suoi colleghi internazionali?
Lo stesso vale per i colleghi europei.

Viceversa, i Suoi colleghi italiani ed esteri, cosa preferiscono della Sua produzione?
Credo la versatilità dei linguaggi e la diversificazione dei gradi di difficoltà. I rapporti di collaborazione quasi ventennale, e di amicizia, con i più apprezzati compositori del nord Europa, penso sia testimonianza di una certa stima. Per fare qualche esempio A. Waignein ha voluto e ottenuto a tutti i costi incidere un mio brano in un CD prodotto da una casa editrice in concorrenza con la Scomegna; lo scomparso Henk van Lijnschooten mi voleva a tutti i costi alla Molenaar, conservo le cartoline di Auguri di Natale di Lancen, cosi come il triste bigliettino della moglie Raphael che mi informava dell’avvenuta scomparsa.
Tutto questo mi può sì riempire di orgoglio, ma come italiano ho sempre voluto intervenire nel rinnovamento bandistico di casa nostra in prima persona e sul “campo”.

Daniele Carnevali e la banda: un rapporto che dura da tanto tempo. Ma com’è questo rapporto? La banda L’ha mai delusa, in qualche modo? E’ un rapporto stabile o, come in tanti altri casi, ci sono alti e bassi?
Un rapporto iniziato nel ’72 come bandista e nel ’76 come Maestro. Negli anni scorsi ovviamente ho vissuto momenti di impegno, di grandi passioni e altrettante grandi delusioni. Fortunatamente ho sempre trovato la forza di superare e dimenticare le delusioni. Vorrei ricordare quando circa nell’84, deluso dalla Banda “G. Verdi” di Parma che dirigevo, ho iniziato un nuovo percorso di riqualificazione, andando con mio padre a prendere i timpani arrugginiti nel magazzino della banda e di cui, nel caldo Ferragosto, abbiamo scartavetrato le caldaie, ridipinte, comprato le nuove pelli di tasca mia e consegnati alla banda.

Daniele Carnevali uomo: che persona è? Cosa fa quando non fa musica?
Penso di essere una persona normalissima, mi diverto con gli amici, mi annoio davanti alla TV, ho sempre avuto la passione di cucinare e seguo il calcio.

Un augurio bandistico, date le imminenti Festività, da parte di Daniele Carnevali al mondo bandistico italiano.
Auguro alle bande di vincere la paura del rinnovamento e di osare.

Grazie a nome di tutti gli Utenti di MondoBande.it, speriamo di risentirLa presto.
Sono io che devo ringraziare voi dell’onore concessomi. Un abbraccio a chi mi ha incontrato e seguito nei corsi nel mio personale “Giro d’Italia”.


Ulteriori info: www.danielecarnevali.com