Speciale CEM Sicilia 2009 – Parte 3

Incontriamo Michele Netti, il secondo dei due direttori del Corso Estivo Musicale, col quale parliamo di bande giovanili e altro

Salve Maestro Netti, siamo lieti di averla su MondoBande.it: a nome mio e di tutto lo Staff le dò il benvenuto. Vorrei iniziare questa intervista chiedendole di parlarci un po’ di lei e della sua formazione musicale.
Ciao Giuseppe, grazie per avermi invitato in questa meravigliosa realtà qual è il vostro sito.
Ti posso dire che sin da giovane mi sono sempre occupato di musica, anche se in modo amatoriale. Era il periodo dei complessi musicali, ogni località ne aveva almeno uno, e anche io facevo parte di uno di questi gruppi. Entrai successivamente in banda un po’ per gioco: era il 1976 quando a Melilli (SR), dopo tanti anni di inattività, venne rifondata la banda musicale, e con i miei amici, per passare un po’ di tempo, entrammo a farne parte suonando le percussioni. Da lì intrapresi un percorso ben preciso: iniziai lo studio del basso tuba a Salerno, la strumentazione per banda, composizione e musica corale.
Dal 1986 iniziai poi a dirigere la banda di Melilli e da lì è stato un percorso più che altro volto alla ricerca e all’innovazione, ascoltando ciò che c’era in giro nei vari Paesi.

Le attività bandistiche siciliane per la maggiore erano, e sono, legate alle feste tradizionali civili e religiose; l’approccio con il mondo bandistico internazionale come è avvenuto?
E’ avvenuto attraverso un corso di direzione triennale che fu organizzato in Sicilia sotto la guida del maestro Jo Conjaerts. Mi incuriosii e iniziai a studiare la musica originale, il nuovo repertorio e di conseguenza il nuovo organico con le sue potenzialità, più snello ma funzionale. Alla fine di ogni corso proponevo ai miei musicisti dei brani nuovi da suonare, e mi sono reso conto di come la stessa banda avesse una resa sonora diversa rispetto alle trascrizioni che eravamo soliti suonare principalmente, e che comunque non disdegno di inserire in alcuni concerti. Da lì ho capito come quel repertorio fosse efficace nella resa della banda al di là della qualità del brano.

Come avviene oggi l’approccio allo studio della musica per un ragazzo?
Oggi si è preso coscienza del panorama bandistico internazionale e delle potenzialità che si hanno, anche nei gruppi giovanili, e prendendo coscienza di questo è cambiato anche il metodo di studio e di apprendimento e lo studio specifico dello strumento. Ci deve essere sempre qualche episodio che ti colpisce, e che ti fa muovere in modo particolare. Ti racconto un aneddoto. Nel 1991 mi trovavo a Brno, all’epoca ancora Cecoslovacchia, assistevo al concorso internazionale di bande in prima categoria. La banda che ha vinto, una banda slovacca, era formata da ragazzini che suonavano strumenti di scarsa qualità, e nonostante ciò riuscivano a suonare brani di enorme difficoltà, e questo grazie al loro modo di lavorare, di eseguire le prove. Di sicuro un metodo diverso rispetto al nostro.
I giovani di oggi, rispetto i giovani del passato, sono più avvantaggiati, hanno a disposizione insegnanti all’avanguardia che sanno come lavorare e che sono sempre in continuo aggiornamento. Di conseguenza anche gli stessi ragazzi si entusiasmano quando si raggiungono dei risultati, magari suonando brani facili ma di grande effetto.

Studi psicologici e musicali hanno dimostrato come, attraverso degli espedienti ludici o tramite i colori, i bambini, anche in tenera età, riescono ad avere il primo contatto con la musica. In una scuola di musica, pensiamo ai bambini dai sei anni in su, quali sono i metodi e le tecniche di insegnamento?
I metodi per la musica di base, sia che vengano svolti da una scuola comunale o da una scuola di una banda, di solito propongono un approccio allo studio della musica con gli strumenti didattici a percussione, e gli insegnanti attraverso il gioco spiegano e fanno apprendere ai bambini i vari ritmi; dal ritmo si incomincia un cammino evolutivo verso i primi metodi di studio, facilmente acquistabili nelle varie case editrici, i quali grazie alla loro semplicità e facilità di apprendimento, in breve tempo riescono a far ottenere dei risultati soddisfacenti, facendo eseguire ai ragazzi delle melodie il che li stimola e li invoglia a proseguire verso metodi sempre più completi e difficili, fino ad arrivare ad una età più matura dove poi è possibile intraprendere gli studi accademici ministeriali.

Quindi anche far ricomporre delle melodie conosciute, quali possono essere i gingles pubblicitari o le musiche pop famose, può essere d’aiuto?
Certamente. Anche i sussidi didattici o i programmi di notazione musicale, quale il Finale o il Sibelius, prevedono questo, avendo all’interno degli esercizi didattici e approcciando, sotto forma di gioco o quiz, a quelli che sono i simboli della notazione musicale. E’ un approccio diverso rispetto a quello rigido e più severo accademico.

Per le junior band c’è un organico standard o variabile?
Per le junior band ci sono organici ridotti proporzionali al grado di difficoltà dei brani. Si parte da brani di grado 0,5 o 1 che prevedono molti raddoppi, presumendo che anche con un organico formato da 15/ 20 elementi essenziali una composizione può essere realizzata in tutte le sue parti. Bisogna comunque tener presente che il brano, al di là della qualità, deve avere uno scopo didattico, poi se si riesce a trovare quel brano scritto bene e che ha uno scopo didattico è ancora meglio. Oggi molti brani hanno lo scopo di far crescere didatticamente a vari gradi le piccole bande. I ragazzini che si approcciano allo strumento musicale, in un’età media di 7/8 anni, in poco tempo riescono, così facendo, a suonare insieme e ad eseguire dei brani senza tante difficoltà. Negli USA questo modo di lavorare è già in uso da diversi anni, e anche la letteratura è assai varia. In Italia si è preso coscienza di questo un po’ tardi, ma finalmente qualcosa inizia a muoversi in questo verso, e piano piano i risultati si iniziano a vedere: attraverso i concorsi e le sollecitazione delle case editrici, si scrivono dei brani che rispettano dei parametri per non sovraccaricare e non sforzare quella che è la preparazione di un allievo.

La junior band è quindi semplicemente un punto di partenza per poi far si che gli allievi approdino nei gradi superiori? O ha un suo ruolo professionale oltre all’aspetto didattico?
Rispetto all’estero in Italia ancora non ci sono dei gruppi giovanili “professionali” collaudati. Qui è un compromesso, la junior band si può evolvere nel tempo, può servire da anticamera a ciò che è un organico più sviluppato e più maturo. Di solito, i ragazzi che appartengono alla junior band in futuro saranno strumentisti della banda musicale: in questo modo ci sarà un approccio graduale alla banda stabile, poiché i ragazzi hanno già fatto esperienza di musica di insieme.

In base alla mia esperienza e a ciò che è la realtà isolana, quando un ragazzo supera la sua fase di preparazione viene normalmente introdotto nella banda, talvolta quasi traumaticamente. Sarebbe una cosa positiva avere due gruppi all’interno dell’associazione musicale, la junior band e la banda musicale?
Questo dipende anche dal numero di allievi e dei musicisti che ruotano all’interno di una associazione. Se il numero è esiguo si può mantenere un solo gruppo trovando un compromesso, magari evitando di suonare dei brani difficili per far ambientare i neo musicanti. Però se ci sono le possibilità bisognerebbe creare questi piccoli gruppi, anche di 5 -10 elementi, che eseguono da soli, in sede separata, la musica d’insieme, con altri brani e altri metodi diversi della banda musicale.

Nelle sue partecipazioni ai concorsi con le junior band, queste vengono trattate come le categorie adulte o hanno un trattamento diverso?
Questo è un punto dolente. I concorsi sono sì formativi, ma anche onerosi dal punto di vista economico. Io sarei propenso, per i gruppi giovanili, ad ammortizzare parte delle spese attraverso l’organizzazione stessa del concorso, in modo tale da far avere un approccio meno pesante sotto questo punto di vista, puntando ad una maggiore qualità circa il percorso formativo e didattico. Per il resto il trattamento è uguale alle altre categorie, le uniche differenze sono naturalmente la diversità dei repertori. A livello di trattamento logistico non ci sono privilegi, anche se i ragazzi possono avere necessità.

Nel repertorio della junior band, ci sono dei brani che possono arrivare a livelli avanzati, o si mantengono su un livello basso?
Per junior band si può intendere un gruppo che può suonare musica fino al grado due, così come si può intendere un gruppo giovanile che può arrivare a suonare un brano di livello 3 dei parametri internazionali, naturalmente con le dovute accortezze e cautele. Quindi i brani per questa formazione possono partire da un grado 0,5 e arrivare anche ad un grado 3 – 3,5. Sviluppando naturalmente un’organico più ampio.

In questi brani ci sono esempi di musica sperimentale?
Si, esistono delle partiture con esempi di musica contemporanea; naturalmente parliamo sempre di brani adatti a gruppi giovanili. Al C.E.M., per esempio, i ragazzi hanno studiato un brano di grado 1 dove all’interno c’è un momento di musica aleatoria: il compositore attraverso degli espedienti compositivi, crea l’eruzione di un vulcano. Alcune note debbono essere suonate casualmente, mantenendo un certo ritmo, e attraverso una velocità in evoluzione e dinamiche appropriate, si arriva ad un culmine espressivo dove il risultato sembra essere proprio l’eruzione di un vulcano. Questa cosa debbo dire che ha incuriositi i ragazzi. Questo modo di scrittura riesce a dare un senso di libertà permettendo agli esecutori di uscire dalle gabbie, dai canoni della battuta tradizionale, suonando casualmente per un certo numero di secondi stabiliti in precedenza, e il direttore si limita a segnalare le entrate dando loro la massima libertà. Con delle composizioni di questo genere, semplici ma pur sempre sperimentali, i ragazzi imparano i rudimenti della musica sperimentale e contemporanea. I risultati ottenuti al C.E.M. sono ottimi.

Ci sono brani con segni grafici, tipo l’approssimità delle altezze, o altre notazioni grafiche?
Da ciò che mi è dato di sapere no. Non ho mai visto un brano con questo tipo di scrittura per junior band.

Ha vinto, col brano per junior band “Giovane Orientale”, il concorso di composizione per banda giovanile di Sinnai: ce lo vuole descrivere?
Giovane Orientale nacque come brano per percussionisti, scritto per la sezione della mia scuola. La melodia è nata in modo molto semplice, partendo da una scala pentatonica. L’idea di poterla sviluppare per banda è venuta successivamente, quando è uscito il bando di concorso. E’ una composizione monotematica e ha una struttura molto semplice; nello sviluppo della parte centrale, questo tema viene ripreso un tono sopra l’esposizione iniziale. Ho trovato anche nella compattezza del ritmo quello che deve essere la facilità per i gruppi, evitando estensioni estreme, e utilizzando anche delle armonie derivate da questa scala pentatonica, ho ottenuto delle armonie con dissonanze non molto aspre. Il concorso di Sinnai è l’unico in Italia che prevede anche la categoria giovanile.

Quando ha composto il brano ha tenuto più conto della linea verticale o di quella orizzontale?
Tutte e due; il brano segue comunque un percorso tonale, dove all’interno si trovano queste varianti dettate dalla scala pentatonica. Il ritmo è semplicissimo: utilizzo delle figure che vanno dalla semibreve alla croma.

Lo storico e musicologo Paolo Emilio Carapezza disse in un convegno: “Anticamente si beveva vino nuovo, si mangiavano cibi nuovi, ascoltavano musica nuova e amavano donne vecchie; oggi si beve vino vecchio, si mangia cibo vecchio, si ascolta musica vecchia e si amano donne giovani” . Come mai la banda non riesce a legare con la musica d’arte contemporanea, rimanendo legata alla tradizione tonale? Perché non c’è stato quasi nessuno, salvo alcuni casi, che ha sperimentato coi suoni della banda?
Credo succeda questo perché, in primo luogo, la banda fa parte di un mondo musicale considerato di serie B, relegata alle funzioni che noi conosciamo bene, e come seconda cosa non ha gli spazi necessari per poter eseguire questo tipo di musica. Per esempio, i teatri, tranne qualche raro caso, non danno accesso alle bande. Per affrontare dei repertori contemporanei ci vogliono dei gruppi selezionati e ben preparati, tali da riuscire a proporre un certo tipo di attività all’interno di un concerto. E’ chiaro che questi brani non possono essere proposti nelle piazze, questo è un repertorio di difficile comprensione ed è usufruito da pochi cultori, e per ottenere una qualità soddisfacente c’è bisogno di eseguire questa musica in luoghi adatti, dove è possibile concentrarsi anche psicologicamente. Chi ne usufruisce già è preparato a priori, perché tale musica non è facile da capire.

Oggi leggo nomi illustri del mondo bandistico che si sforzano nel dire che la banda fa anche musica d’arte e non popolare, ma personalmente credo che ci prendiamo in giro noi stessi, perché per musica d’arte odierna si deve intendere quella di Bussotti, di Sciarrino, di Penderechy, ecc.. e quasi nessuna banda, se non qualche rarissimo caso, si è cimentata nell’eseguire tale musica. La banda musicale, visto che rimane legata ad una funzione intermediaria tra il pubblico e la musica colta, e poiché non riesce ad entrare, per volere suo o di altri, all’interno delle categorie elitiarie, non corre il rischio di rimanere relegata nel suo ruolo di “cenerentola della musica”, una musica popolare destinata al “popolino”?
Certamente. Ci si dovrebbe preoccupare non tanto di scrivere un pezzo, ma bisognerebbe pensare anche dove la banda può eseguire quel brano, e quali bande possono eseguirlo, visto che ci vogliono gruppi ben formati. Se nascessero delle bande provinciali o regionali da mettere accanto alle bande ministeriali (le uniche professionali in Italia e che oltretutto, tranne la Banda dell’Aeronautica sotto la guida del M° Esposito, non hanno mai affrontato un repertorio contemporaneo d’arte), ci potrebbe essere uno stimolo per scrivere musica contemporanea per banda, magari commissionata appositamente per eventi importanti, dando dignità alla banda e a chi pensa per essa.

Come vede il rapporto tra la politica, gli enti locali, e la banda?
Il rapporto è di forte incomprensione o, per lo meno, si sono intavolate discussioni molto piatte che non permettono una crescita bandistica. Non voglio essere polemico, ho molti amici politici, che sono stati interpellati per rivedere le normative vigenti sulle bande. Per fortuna ci sono i “missionari” come Alfio Zito, o altri, che a testa bassa continuano a portare aventi un loro percorso formativo, che lavorano bene, ma non c’è un riscontro oggettivo da parte delle istituzioni politiche, che non riescono a capire certi lavori, chi lavora bene e chi male. Oggi i contributi vengono elargiti “alla cieca”, per convenienza di aree geografiche. Ci siamo sentiti fortemente amareggiati quando non è stata presa in considerazione la proposta di far assegnare i contributi per meritocrazia, dandoli si a tutti in modo che si possa lavorare, ma premiando maggiormente coloro che lavorano meglio e che giungono a dei risultati di qualità: purtroppo si continua a distribuire in modo non consono.

Il Tavolo Permanente e le varie federazioni stanno cercando di sensibilizzare gli Enti locali, per dare un nuovo regolamento, una nuova riforma alle bande musicali. Secondo lei, oggi, una banda di cosa ha necessità? Se dovesse essere fatta una riforma bandistica, cosa dovrebbe essere attuato?
Prima di tutto l’assegnazione di un luogo dignitoso dove la banda possa svolgere le proprie attività formative, e gli strumenti necessari per poter iniziare e continuare la propria missione: strumenti musicali, leggii, tutto ciò che può servire; e poi di una programmazione seria per poter capire chi vuol seguire un certo percorso e portare avanti certe iniziative. E’ importante avere all’interno delle bande le scuole di musica, con docenti formati e qualificati.

Spesso nelle scuole di musica, un solo insegnante si occupa di tutta l’istruzione: dalla teoria al solfeggio, dall’insegnamento dei vari strumenti alla direzione. Secondo lei va bene questa forma di istruzione che ereditiamo dal passato? O sarebbe meglio avere diverse figure di insegnanti, specializzati ognuno nei ruoli competenti, sotto la supervisione del direttore della banda?
Senza dubbio la seconda ipotesi. Nella provincia di Siracusa, per esempio, già da qualche anno abbiamo intrapreso questo percorso: siamo riusciti nel tempo a creare scuole di musica nella banda, così come siamo riusciti ad avere scuole di musica comunali che sono nate sotto la banda, con un insegnante specifico per ogni strumento, e il direttore che coordina il tutto. Chi dirige la banda non deve essere per forza uno strumentista, così come non deve per forza essere un insegnante della scuola allievi: si può occupare di direzione e basta.

Talvolta si assiste a conflitti tra direttori e direttivi. Spesso il direttivo vuole sopraffare il direttore nella scelta dei brani e degli strumentisti, e il direttore nella scelta delle manifestazioni o di altre attività. Il consiglio direttivo che ruolo deve avere?
Dovrebbe esserci una sorta di compromesso. Anche se i ruoli sono completamente diversi, nessun dirigente dovrebbe interferire sul lavoro del direttore, suggerire non deve significare imporre. Che poi il direttore non riesce ad ottenere i risultati previsti, è un altro discorso, il CDA può decidere sul da farsi e se è il caso sostituirlo. Il CDA si fa carico della pubblicità del gruppo stesso, e se ha delle attività concertistiche può far presente eventuali brani al direttore, e allo stesso modo il direttore non dovrebbe imporsi sulle scelte dell’amministrazione. Sarebbe bello vedere da entrambe le parti un lavoro di comunicazione e di umiltà, consigliandosi a vicenda, ma relegando le scelte dei lavori a proprio ruoli: il direttore diriga e il direttivo amministri.

Ogni tanto si sente qualcuno che dice “salviamo le bande”. E poi, durante le riunioni che si fanno, nelle associazioni, nelle federazioni, non si fa altro che parlare dei problemi della banda, che poi sono sempre i soldi. Ora le chiedo: la banda da chi o da cosa va salvata? E tutti i soldi che chiediamo a cosa dovrebbero servire?
Vedi, talvolta il grido “Salviamo le bande” è generico, si tenta di sensibilizzare quella che è l’attività bandistica, e soprattutto gli enti più vicini alle bande, come i comuni, che dovrebbero essere i primi ad intervenire attraverso la concessione del minimo indispensabile per avviare le attività, quindi partire con le basi. Per esempio in Sicilia ci sono delle bande, che o per colpa loro o per colpa di altri, non hanno una sala prove o strumenti musicali, e quindi fanno fatica a portare avanti dei progetti. Ci vuole sensibilità da parte degli amministratori, perché la banda ha anche una valenza storica come sappiamo, avendo fatto spesso la storia di un paese. Tanti hanno scritto volumi sulle bande. Ciò che andrebbe salvato è il repertorio e la tradizione passata, e conseguentemente incentivare le attività future. Una volta Johan de Meij mi disse “In Italia avete molte chiese e pochi teatri“. Ecco, ci sono molte chiese che sono sconsacrate, così come vi sono molti locali in ogni paese, non sfruttati o addirittura tenuti chiusi, e che potrebbero essere dati in gestione alle associazioni bandistiche. Purtroppo nelle piazze un concerto serio non si può fare, e si è soggetti ad un certo pubblico poco formato. In piazza la banda non può svolgere il ruolo di educatrice verso le forme d’arte, ma si limita ad intrattenere il pubblico.

Maestro, a nome mio e dello Staff che rappresento in questo momento, e dei nostri Utenti, la ringrazio per la disponibilità e augurandole di trascorrere una piacevole estate la saluto, sperando di poter avere ancora il piacere di riaverla nostro ospite.
Grazie a voi tutti per avermi invitato; mi complimento per la qualità delle informazioni che si possono trovare sul vostro sito. Vi faccio un in bocca al lupo per i lavori a seguire e vi auguro di trascorrere un’estate ricca di divertimento e di musica.

(a cura di Giuseppe S.)