Intervista a Chiara Vidoni

Direttrice d’orchestra e di banda, laureata a Maastricht (Olanda), esperta didatta e Direttore Artistico del Concorso Internazionale di Bertiolo (UD)

Presentiamo in questa intervista Chiara Vidoni, direttrice d’orchestra e di banda laureatasi in direzione e strumentazione di banda e d’orchestra al Conservatorio di Maastricht (NL) sotto la guida dei proff. Jo Conjaerts e Jan Stulen ed in musicologia a Trieste. Inoltre è Direttore Artistico del Concorso Internazionale di Bertiolo (Udine) ed esperta didatta.

Buongiorno Chiara e benvenuta su MondoBande. Per prima cosa ti chiediamo di presentarti ai lettori: chi è Chiara Vidoni, quali sono stati i tuoi studi ed il tuo percorso musicale.
Buongiorno a voi. Ho studiato al Liceo Classico “J. Stellini” di Udine e poi mi sono laureata a Trieste in Lettere a indirizzo musicologico. Ho frequentato un anno di Università all’estero, alla University of Reading, in Inghilterra, con una borsa di studio ERASMUS. Musicalmente sono nata nella banda dell’Associazione Culturale Musicale “Euritmia” di Povoletto. Ho cominciato nella scuola di musica di questa associazione a 8 anni. Nella scuola della banda di Povoletto ho studiato fino al conseguimento del diploma, da privatista, al Conservatorio di Trieste. A 19 anni ho seguito il primo corso di direzione, sempre a Povoletto, organizzato dalla banda e da lì ho cominciato a seguire i seminari di direzione e ho effettuato l’ammissione a Maastricht nel 2000 in direzione di orchestra a fiati (terminando nel marzo 2003) e nel 2005 in direzione d’orchestra sinfonica (terminando nel giugno 2007). Negli anni di studio, ho seguito seminari in Italia, Austria, Portogallo, Olanda, Lussemburgo e Stati Uniti.

Hai studiato in Olanda direzione e strumentazione per banda ed anche direzione d’orchestra, puoi parlarci di questa tua esperienza? Come si svolge il percorso di stdi a Maastricht?
Entrambi i corsi si dividono in Bachelor’s degree e Master della durata rispettivamente di tre e due anni. Il percorso per banda prevede diverse discipline, tra le quali Direzione (tecnica, gestione della prova, gestione dei concerti), strumentazione (per banda, brass band e fanfara) e Orkest schooling (conoscenza degli strumenti, degli organici e della letteratura per banda). Le materie come “solfeggio” (che lì è un po’ diverso), armonia e storia della musica, mi sono state “abbuonate” visto che le avevo già sostenute in Italia, L’esame finale viene effettuato su queste tre materie. La prova di direzione ha previsto sia una parte in cui ho effettuato una prova con la banda con brani che io conoscevo ma la banda no, sia una parte con direzione di brani in forma di concerto. La prova di Strumentazione è consistita nella strumentazione di 7 brani di diversa lunghezza che ho inviato ai membri della commissione un mese prima dell’esame e poi sono stati discussi in sede di esame finale. La prova di orkest schooling è consistita sia in domande sul repertorio a livello mondiale sia in domande sulla conoscenza degli organici delle diverse tipologie di banda, sugli strumenti (estensioni, tecnica, posizioni, tipologia di lettura e di scrittura). Soprattutto la parte di conoscenza degli strumenti è stata molto impegnativa perché un commissario scriveva note a caso sulla lavagna e poi mi chiedeva come si suonavano sui diversi strumenti e se c’erano posizioni alternative. Per meglio affrontare l’esame, avevo frequentato lezioni nei diversi strumenti a fiato e percussione.
Nel corso di orchestra sinfonica ho seguito lettura della partitura e la classe di direzione e strumentazione. E’ stato molto bello perché ogni lezione avevamo a disposizione una piccola orchestra composta da tre violini, viola, violoncello, contrabbasso, flauto, oboe, fagotto, clarinetto e corno. Così è stato davvero possibile conoscere la tecnica degli archi. L’esame è consistito sia nella lettura della partitura che in una prova di direzione strutturata come quella per banda (parte in forma di prova, parte in forma di concerto).
Durante entrambi i percorsi ho avuto la fortuna di avere due ottimi insegnanti, il prof. Jo Conjaerts, bravissimo direttore, grande didatta e molto conosciuto in ambito bandistico per la sua preparazione, professionalità e il prof. Jan Stulen, ottimo direttore d’orchestra e persona coltissima. Entrambi inoltre sono insegnanti eccezionali e hanno organizzato negli anni corsi con orchestre professioniste o gruppi da camera per farci entrare in contatto con il mondo in cui ci saremmo trovati a lavorare

Sei arrivata in semi-finale (4° posto) al Concorso Mondiale per Direttori d’Orchestra a fiati al World Music Contest di Kerkrade (NL) nel 2005, sicuramente uno dei più importanti concorsi per direttori a livello mondiale. Ci racconti di questa esperienza?
Il Concorso per direttori di Kerkrade è stata un’esperienza emozionante. Io non sapevo neppure ci fosse il concorso per direttori, conoscevo solo quello di esecuzione. Ho partecipato per caso. Ed è stato entusiasmante per diversi motivi. Alla prima prova avevamo a disposizione 20 minuti a testa per provare il brano con la banda. Vedere altri 23 direttori all’opera è stato molto stimolante soprattutto perché i brani erano difficili. Ad ognuno di noi era stato assegnato un brano diverso: chi aveva un movimento di Lincolnshire posy, chi un’overture. Io avevo la trascrizione di Notte sul Montecalvo di Mussorsgki. La banda messa a disposizione per le prove era ben preparata. Ma l’emozione più grande è stata dirigere in semifinale la Banda della Marina Olandese: una qualità eccezionale, una disponibilità incredibile, brani molto impegnativi (Sinfonia n°3, III movimento, For Natalie di J Barnes e il I tempo del Concerto per pianoforte e fiati di Stravinsky). Il risultato raggiunto mi ha ovviamente fatto molto piacere, ma sicuramente la parte più importante è stata confrontarmi con altri direttori e vederli all’opera. Ho davvero imparato molto, soprattutto per quanto riguarda il contatto con la banda. C’era una scheda di valutazione molto precisa che prevedeva diverse voci, tra le quali tecnica, dinamica, musicalità, interpretazione, contatto e comunicazione con la banda. Al termine di ogni fase ci hanno consegnato una scheda con la valutazione della singola prova e i giurati sono stati disponibili a parlare con noi. Tra l’altro lo stesso anno ho ricevuto una borsa di studio dalla WASBE e due settimane dopo il concorso ho potuto attraversare l’oceano e seguire un corso di direzione presso la University of Michigan, Ann Arbor, Detroti con il prof. Michael Haitcock, nome non molto conosciuto, ma direttore formidabile e ottimo insegnante.

Ed ora ti chiederei di parlarci di Bertiolo: sei il Direttore Artistico del concorso per banda, di quello per ensembles e di quello di composizione. Quali sono le tue linee guida per questi concorsi? Cosa vorresti che diventasse Bertiolo?
L’Associazione Musicale di Bertiolo “La prime lûs 1812” è una realtà straordinaria, nel senso etimologico del termine: è un onore per me dirigere, in un comune di 2000 abitanti, una banda così attiva, interessata e disponibile. Io faccio parte di questa Associazione dal 2004 e subito ho sentito che le persone erano disponibili a lavorare con passione e serietà. Per questo, oltre al concorso bandistico che già esisteva (dal 1992) abbiamo insieme deciso di organizzare anche il concorso di Ensemble di fiati e di Composizione. Io mi occupo della parte musicale, mentre i suonatori sotto la guida del presidente Zanchetta si occupano dell’organizzazione, che ha secondo me un livello davvero notevole.
Il ruolo di direttore artistico di concorso (di qualunque genere esso sia) è molto impegnativo, ma anche stimolante. Il mio scopo nel gestire i tre concorsi è far conoscere e confrontare realtà diverse tra loro, cercando di dare una sorta di offerta plurale. Soprattutto per il concorso per bande per me è importante che la serietà e la qualità siano al primo posto. A partire dalla scelta della giuria, che deve tener conto di questi criteri: deve essere composta da musicisti che siano capaci di ascoltare con attenzione chi suona e solitamente scelgo musicisti che ho visto all’opera e che mi hanno colpito per la loro capacità musicale e per la capacità di ascoltare gli altri gruppi e non solo il proprio. Quello che vorrei per Bertiolo è che diventasse un luogo che attira gli appassionati del genere in modo che, attraverso lo scambio e il confronto, si possano insieme raggiungere sempre nuovi obiettivi.
Per me la partecipazione ad un concorso è importante nella preparazione di un gruppo e dovrebbe essere prevista nella programmazione di un gruppo; ma è importante dire che è una tappa nella preparazione, non una meta finale o l’obiettivo di un anno di lavoro. Soprattutto per la banda, il concorso non può essere il solo scopo della programmazione di un direttore, ma deve essere un mezzo per stimolare al confronto e all’ascolto i propri suonatori, sia della banda giovanile che di quella senior. Quindi sono un momento importante, ma vanno vissuti nella maniera giusta, proprio perché “momenti”.

Hai fatto parte anche di varie giurie: quali aspetti sono fondamentali per Chiara mentre svolge questo compito a volte ingrato?
Lavorare in giuria può in apparenza sembrare il punto di arrivo di un direttore, ma non credo che sia così. E’ un compito delicato, difficile, per il quale non si è mai abbastanza preparati e che richiede, a parte ovviamente lo studio delle partiture dei brani che verranno eseguiti, un’attenzione particolare al gruppo che suona, sotto diversi punti di vista. Soprattutto, ritengo che sia necessaria una mentalità positiva e propositiva nei confronti dei complessi che si esibiscono. Come si può prevedere che ci sia un voto “insufficiente” (50/100) per una banda che partecipa a un concorso? Come si può lasciare un voto come 79.80/100 o simili ad un gruppo solo perché la media matematica è questa? Perché non portare ad 80/100, che psicologicamente è molto più positivo, ma nella sostanza non cambia il giudizio della giuria? Personalmente ritengo che sia necessario dare uno stimolo ai complessi che partecipano, magari anche attraverso commenti alla prova. Ma per commenti intendo suggerimenti su come migliorare e non commenti che sottolineano ulteriormente un punteggio che è già chiaro attraverso i numeri. Si tratta secondo me di aiutare i gruppi che non hanno buona resa a capire come migliorare. Da due edizioni al concorso a Bertiolo sulla scheda di valutazione prevediamo un box con i suggerimenti della giuria.
Certo, è molto più semplice dire solo ciò che non va, ma così non si costruisce nulla. Ovviamente questo non significa che sia necessario dire sempre che va tutto bene o fare complimenti ad un gruppo anche se in quel momento non li merita. Quello che è arduo è capire perché alcune parti non sono uscite come dovrebbero (ovviamente rispetto alla partitura): non parlo di interpretazione, ma di suono, tecnica, insieme, intonazione e così via. Si tratta di limite dei suonatori o di indicazioni errate da parte del direttore? O soltanto di una giornata storta (che comunque va valutata per quella che è)? Ci vuole attenzione e concentrazione. E rispetto, soprattutto molto rispetto per chi si mette in gioco, aldilà della performance a volte, purtroppo, disastrosa. Mi è capitato di vedere dei giurati che durante i concorsi usano il telefono o non prestano attenzione al 100% alle performances: ed è successo anche nei grandi concorsi.
Altro compito ingrato, durante i concorsi, è segnalare dei bravi direttori, soprattutto perché sono colleghi e giudicare non è mai bello. Spesso è difficile, soprattutto nelle categorie più alte dove è più difficile capire dove finisce la bravura del direttore e dove comincia quella dei musicisti. Spesso mi capita di sentire direttori che guardano solo il punteggio dell’interpretazione e lo sentono come il voto che la giuria ha dato loro. Ritengo invece che ogni voce della scheda di valutazione sia una “valutazione” per il direttore.

Tra le tue attività c’è anche quella didattica: sei direttore stabile della banda del Campus estivo organizzato in Sardegna dalla banda di Villacidro e quest’anno sei stata anche in Slovenia per l’Orkesterkamp. Ti piace lavorare con i ragazzi? Quali messaggi cerchi di trasmettere durante i tuoi corsi?
Lavorare con i ragazzi è entusiasmante, sorprendente e anche molto stimolante. Mi piace molto confrontarmi con i più giovani perché sono sempre in grado di fornire degli stimoli diversi e, anche se inconsapevolmente, ci forniscono idee nuove. L’esperienza in Sardegna, che dura da 5 anni ormai, rappresenta per me ogni anno fonte di ispirazione e mi permette di capire se il percorso che si intraprende sia funzionale o meno.
L’esperienza dell’Orkestercamp di quest’estate mi ha dato la possibilità di conoscere un ambiente bandistico che, anche se vicino geograficamente, non conoscevo molto. I ragazzi si sono mostrati molto ricettivi: è stato molto gratificante e credo che il risultato sia stato molto soddisfacente sia per loro che per me.
Per me è importante che i ragazzi imparino ogni giorno e che facciano tesoro delle singole esperienze che vengono loro proposte. Personalmente non condivido la scelta di chi, per far vincere un concorso ad un complesso giovanile (ma anche senior) fa studiare talmente tanto a lungo i pezzi che poi i ragazzi li fanno a memoria sì, ma senza averli davvero capiti. Quando poi si legge un brano nuovo si deve ricominciare da capo. Per me è importante creare autonomia nei ragazzi. Questo ovviamente significa che anche il direttore deve sempre mettersi in gioco, perché più loro imparano (e il livello si alza) più il maestro deve darsi da fare per creare nuovi progetti e stimolare il gruppo sempre di più.
A tal proposito vorrei aggiungere questo: spesso si affida la banda giovanile a un direttore alle prime armi, ma lavorare con i ragazzi presuppone una profonda conoscenza degli aspetti musicali, tecnici e psicologici dei giovani suonatori. Quindi sarebbe meglio affidare questi gruppi a persone che hanno già un minimo di esperienza.

Ed ora parliamo un po’ della tua attività di Maestra: quali gruppi dirigi attualmente e che tipo di repertorio proponi? Cosa pensi della musica per banda italiana?
Al momento dirigo l’Associazione di Bertiolo e la banda giovanile di Passons, per concentrare meglio le energie in due ambiti che mi danno molte soddisfazioni e necessitano della mia attenzione per il numero e la tipologia di progetti che propongo.
La scelta del repertorio dipende dalle occasioni, ma solitamente prevede musica originale per banda. Solitamente cerco di proporre dei concerti a tema in teatro, mentre all’aperto scelgo in base a luogo e all’occasione.
Apprezzo molto i cataloghi delle case editrici che cercano di dare una panoramica sulle novità o sui brani più famosi, ma solitamente quando ho scelto un tema dopo aver vagliato le mie conoscenze “in memoria”, cerco delle novità. Allora accendo il computer, apro internet e navigo inserendo nomi che abbiano a che fare con il tema che ho deciso di proporre. Ho avuto la fortuna in Conservatorio a Maastricht di aver avuto un docente, come il Maestro Conjaerts, che ha una visione a 360 gradi sul repertorio non solo a livello europeo e che mi ha fornito strumenti ottimi per la ricerca del repertorio.
Inoltre mi piace molto confrontarmi con i colleghi direttori, perché nessuno di noi può conoscere tutto il repertorio ed è bello condividere idee e conoscenze. Anche per questo quando sono libera dai miei impegni musicali, vado a sentire i concerti delle altre bande.
Per quanto riguarda il repertorio italiano, si sta ampliando sempre più e ritengo che anche qualitativamente sia interessante. Il percorso intrapreso è ancora in sviluppo, ma ha già prodotto molti brani interessanti e mi auguro che si continui così. A volte è capitato che qualche compositore, a mio modesto avviso molto valido, si sia dedicato nel tempo più alla direzione, quando invece la sua scrittura era molto interessante e sarebbe stato bello che avesse approfondito ulteriormente le sue idee compositive.

Hai iniziato anche lo studio della composizione, ma mi pare aver capito che a un certo punto hai smesso: non sei interessata a questo aspetto della musica?
Ho frequentato per tre anni la Scuola di composizione del Conservatorio di Udine, tenuta dal Maestro Renato Miani, un vero insegnante con una cultura musicale molto profonda. Per me studiare composizione è molto interessante perché si approfondiscono le proprie conoscenze della musica classica e contemporanea. Ma non l’ho mai fatto per diventare compositore. Ritengo che l’analisi musicale delle grandi opere dei classici e della musica contemporanea siano necessarie per dirigere. Per questo, nonostante non abbia potuto continuare il percorso all’interno del Conservatorio per motivi di lavoro, continuo uno studio privato in questo campo.

Sei anche laureata in musicologia, con una tesi particolare: “L’organico bandistico nell’Europa Occidentale dopo la II Guerra Mondiale”. Hai avuto problemi in ambiente accademico a presentare un argomento di questo tipo?
Quando nel 1998 ho proposto l’argomento al docente di storia della Musica, lui voleva che scrivessi una tesi sull’Harmonie musik di Mozart. Sinceramente, l’argomento non mi interessava, anche perché ci sono diversi libri in materia. Volevo una tesi sperimentale. Alla fine ho trovato un docente che ha acconsentito a seguirmi. Ho esaminato moltissime partiture (circa 3000) provenienti di compositori dei paesi dell’Europa occidentale, prestatemi dal Maestro Conjaerts, dal Maestro Pirola, da amici; ho consultato i riviste specializzate, parlato con Marino Anesa (gentilissimo e disponibile che mi ha fornito una bibliografia sterminata), letto molti libri e articoli, consultato l’archivio della banda di Povoletto e di alcune bande olandesi e del Belgio, sono andata anche alla Bodelian Libray all’università di Oxford, all’università di Graz, in Conservatorio a Maastricht. E’ stato un lavoro molto interessante, intenso e lungo, anche se ovviamente non poteva essere completo perché le composizioni dagli anni 50 al 2000 (anno in cui mi sono laureata) sono sicuramente più di 3000!
La soddisfazione più grande però l’ho avuta in sede di discussione, quando il controrelatore mi ha messo nelle condizioni di parlare dell’importanza delle bande oggi e nel futuro e di quali fossero le mie idee in merito, con una commissione che ha dimostrato grande interesse per l’argomento.

Un’ultima domanda. Il tuo lavoro si divide tra l’insegnamento di Italiano e Latino al Liceo e le varie attività musicali; la scuola sicuramente assorbe molto tempo, come riesci a conciliare tutto?
Effettivamente è piuttosto impegnativo, ma l’insegnamento al Liceo mi aiuta anche nelle prove di banda e viceversa. Inoltre unisco sempre la storia della musica alle lezioni di letteratura. Ieri, ad esempio, dopo aver presentato l’Inferno di Dante ad una classe, ho fatto loro sentire The Inferno, da The Divine Comedy, di R.W. Smith. E ai ragazzi è piaciuto molto. Inoltre, ritengo che i miei studi in materie umanistiche (letteratura, arte) mi abbiano sempre aiutato molto e mi aiutino sempre nella direzione e nello studio e comprensione della partiture. E’ anche leggendo romanzi, poesie e anche testi latini che mi vengono le idee per i concerti

Grazie Chiara per la tua disponibilità, e speriamo di risentirci presto su MondoBande.
Grazie a voi dell’onore che mi avete accordato. E complimenti per il lavoro di divulgazione che fate.

(a cura di Simone B.)