L’angolo di Timothy – 1

Studio della partitura parte 1: Cos’è la partitura (Fonte: http://www.timreynish.com – Traduzione: S. Butti)

(Pubblicato su INTERLUDE, il giornale dell’ABODA (Australian Band and Orchestral, Director’s Association), Victoria Branch, Settembre 2000, e anche nella Newsletter della sezione del Queensland dell’ABODA)

SCEGLIERE ATTENTAMENTE LA PARTITURA

Il mio primo suggerimento è quello di scegliere attentamente cosa andrete a suonare con la vostra banda. Chiedetevi “Vorrei suonare come solista questa musica? Mi soddisfa in termini di emozioni, melodia, armonia, forma e orchestrazione, oppure la sto usando perché è in archivio, è economica, o giusto per inserirla nella parte sociale e di intrattenimento del concerto che stiamo programmando?”. Visto che la banda ha anche una funzione sociale, credo che sia necessario trovare i migliori arrangiamenti, ed esplorare nuove composizioni che ci soddisfino musicalmente.

Cercate di scegliere musica che non abbia troppi cliché. Troppa musica commerciale ha dei cliché formali, melodici e armonici che non dovremmo permettere nelle nostre classi universitarie, e ai nostri musicisti non facciamo alcun favore sfruttando questo repertorio. Oppure, potrebbe essere proprio quello fa per noi, ma cerchiamo di ottenere una varietà di stili e sensazioni.

STUDIO DELLA PARTITURA: ANALISI

La prima cosa che faccio di ogni partitura è analizzare la struttura delle frasi, segnando all’inizio di ogni frase dentro un cerchio il numero delle battute della frase stessa. Schnabel, il grande pianista, calcolava e voleva sapere esattamente all’inizio quanto durava ogni frase. Il più delle volte le frasi sono di 2-4-8 battute, per cui quando dirigo, anche se non conosco perfettamente il pezzo, posso stare abbastanza tranquillo e controllare la partitura ogni 2-4-8 battute. In frasi di 5, 7 oppure 15 o 18 battute come la Sinphonie Funebre et Triophale di Berlioz, devo conoscere bene questa struttura ed anche, probabilmente, la progressione armonica.

(E poi assicuratevi che il leggio sia all’altezza giusta, non troppo alto per evitare di spaccarci sopra la bacchetta ma nemmeno troppo basso, per poter dare un’occhiata per rinfrescarsi la memoria senza che la banda pensi “Non conosce la partitura”!)

GUIDA ALLO STUDIO DELLA PARTITURA

Un buonissimo libro che può aiutarci in questo lavoro è: Guide to Score Study di Frank Battisti e Robert Garofano, pubblicato dalla Meredith Music Publications. Esso è basato sul brano di Grainger Irish tune from County Derry, che per caso è anche uno di quelli più semplici dal punto di vista dell’analisi formale: 8+8+8+8 e ancora 8+8+8+8 battute.

Ma guardiamo la Suite Francaise di Milhaud, un lavoro che necessita di un’attenta pianificazione e dove la struttura fraseologica è molto varia. Il secondo movimento inizia con una battuta di introduzione seguita da una frase di 5, o 3+2, e un’altra di 5. Il piccolo motivo triste dell’oboe è anch’esso di 5 battute divise questa volta in 2+2+1/2, come anche la linea dei flauti e clarinetti a battuta 27. Confrontando con la melodia popolare originale, notiamo che è una melodia altalenante di 2+2+2 piuttosto che 6/8 e questo dà una scorrevolezza meravigliosa. In modo simile, Ile de France è spesso in frasi da 5 battute, qualche volta con una frase da 4 battute a mò di controcanto, e dobbiamo cercare di bilanciare il fortissimo degli ottoni gravi con il fortissimo delle ance.

Battisti e Garofano ci danno una lista per l’analisi:

Melodia – Armonia – Forma – Ritmo – Orchestrazione – Dinamica – Organigramma dei componenti.

Questo sarebbe l’ideale, ma molto spesso non ho il tempo nemmeno io per seguirla esattamente. Per prima cosa guardo la struttura delle frasi, che molto spesso è molto chiara anche grazie al tipo di forma. Raramente ho il tempo di controllare tutta l’armonia, sia perché non ho un buon senso uditivo ed anche perché molti dei miei pensieri sull’armonia sono istintivi e chiedo ai miei musicisti di provare a pensare come me. Potrei invitarli a suonare un crescendo in una parte interna non perché sia intellettualmente e filologicamente corretto, ma perché emozionalmente il movimento cromatico me lo richiede.

BRUCKNER & SIBELIUS

Ci sono due compositori la cui musica dirigo raramente, ma quando capita devo analizzarli anche dal punto di vista armonico: Bruckner e Sibelius. Devo conoscere esattamente dove sono in questa massiccia struttura armonica; per molti altri, la maggior parte, mi concentro sul resto della lista. Questo è quello che faccio, anche se qualcun altro potrebbe trovarlo irrilevante.

1 Analizzare la struttura delle frasi e segnare all’inizio di ogni frase in un cerchio la durata della frase stessa – (Non consiglio linee di marcatura pesanti per dividere le frasi)

2 Segnare le linee più importanti (Haupstimme) e le tonalità (in rosso) – se qualche strumento ha lunghe pause provo (ma non garantisco) a dare l’attacco.

3 Segnare altre linee sussidiarie importanti, sempre in rosso.

4 Segnare i livelli generali di dinamica ed i cambi di tempo (in blu).

5 Analizzare la struttura delle tonalità e segnare i cambi principali se necessario.

6 Decidere una struttura dei livelli dinamici; cambiare le dinamiche per ottenere un miglior bilanciamento.

7 Segnare i cambi della pulsazione e le variazioni di tempo – (ma essere comunque flessibili).

8 Controllare e fare una ricapitolazione dei temi – potremmo voler cambiare un po’ le frasi, distendere un po’ il tempo, oppure il compositore potrebbe avere cambiato qualcosa armonicamente o nella struttura melodica, e noi forse vorremmo evidenziare questi aspetti nella nostra performance… oppure no.

9 Usare il metronomo per controllare i tempi ideali, ma essere comunque flessibile alle necessità del gruppo ed alla sala del concerto (La settimana scorsa ho registrato la Suite Francaise di Mihlaud – mi è piaciuta molto la mia interpretazione, mi è sembrata avere stile e molto trasparente, ma ogni movimento era più lento rispetto alle indicazioni di tempo fornite da Mihlaud).

10 Prevenire i possibili problemi dell’ensemble, intonazione, bilanciamento ecc. e pensare al modo per evitarli o correggerli. Iniziare la prova avendo in mente esattamente il programma della stessa, ma essere comunque flessibili perché i musicisti potrebbero portarvi verso un’altra direzione. Essere sempre sensibili alle abilità artistiche dei vostri musicanti.

Ed ora, perché approfondire l’analisi fraseologica?

DIRIGERE IL FRASEGGIO

1. Dobbiamo dirigere il fraseggio e le dinamiche interne. I suonatori hanno nella loro parte gli elementi essenziali delle dinamiche, ma non conoscono verso cosa o da dove proviene la musica, e potrebbero non capire il loro ruolo in quel momento, sia che stiano suonando la melodia, il controcanto, l’armonia, o se semplicemente hanno una parte ritmico-armonica. Il grande insegnante di direzione, Ilya Musin, era solito fermare i suoi musicanti molte volte per chiedere dove stesse andando la frase – che è il segreto che voi potete cogliere dallo studio della partitura, e che dovete trasmettere nella vostra direzione.

2. Il lavoro diventa minore e scorrevole, (persino per una sinfonia di Mahler), e il processo meccanico di memorizzazione è il primo passaggio per conoscere completamente il pezzo. Non sto suggerendo che dobbiate dirigere a memoria, e infatti penso che dirigere con la partitura a volte sia molto più difficile, ma idealmente dovete conoscere in che direzione si sta muovendo il pezzo, il bilanciamento delle frasi, il bilanciamento delle sonorità, i piccoli cambi di tempo, le architetture dei movimenti e dell’intera composizione.

Nella preparazione della partitura di qualsiasi brano e di qualsiasi livello, credo sia necessario isolare due, tre o più gruppi strumentali e la loro funzione.

1 La parte principale, quella che Schoenberg chiama Haupstimme.
2 La parte secondaria o controcanto, che Schoenberg chiama Nebenstimme.
3/4 L’accompagnamento.

In generale, dobbiamo dirigere la Haupstimme, seguire la linea melodica, mostrando il fraseggio ed indicandone l’importanza. Comunque potrebbe anche essere che le parti sussidiarie abbiano uguale o maggior importanza – forse nelle cadenze o nei ritornelli o forse perché indicate nella partitura.

Con tutte le parti, è di vitale importanza enfatizzarne le linee, per dare alla melodia e al controcanto una propria vitalità ritmica, ed insistere inoltre su un fraseggio chiaro, pulito e definito.

I movimenti armonici necessitano anch’essi di chiarezza; il fraseggio dell’armonia potrebbe essere in contrasto con la linea melodica, le linee cromatiche potrebbero necessitare di espressività, gli accordi accentati e che si muovono a scatti potrebbero enfatizzare la pulsazione.

LIVELLI DINAMICI

Nell’orchestra di fiati non dobbiamo lavorare sodo producendo un sacco di rumore.

Dobbiamo lavorare molto:
1 Controllando i livelli più bassi.
2 Anticipando gli eventi dinamici.
Il crescendo dovrebbe cominciare silenziosamente – il diminuendo dovrebbe iniziare dal forte.

Se si inizia il crescendo troppo presto, non si avrà più margine per crescere dopo. Se si è arrivati troppo presto all’apice della curva del crescendo, non si avrà altra scelta se non rimanere in quell’intensità e aspettare fino ad arrivare dove sarebbe dovuto essere il picco dinamico.
Gunther Schuller

CONTRASTI

Ricordare:

Subito piano è più efficace se preceduto da crescendo.
Subito forte è più efficace se preceduto da diminuendo.
Il primo fortissimo deve essere il meno intenso, l’ultimo il più intenso.

ARCHITETTURE DELLE DINAMICHE
Costruite l’architettura dei livelli dinamici del vostro fraseggio e dell’intero concetto che avete del pezzo e insistete durante tutto il vostro lavoro sul fatto che uno dei più grossi problemi è il CONTROLLO. Molte delle nostre sale da concerto sono troppo piccole, molto del nostro repertorio è troppo forte, il suono dei piccoli ensembles di fiati spesso è troppo brillante, e molti di noi incoraggiano questa brillantezza col proprio gesto.

Uno degli errori più comuni tra gli studenti di direzione è quello di enfatizzare con movimenti enormi i beat, anche quando la dinamica scritta dal compositore è Piano, Nessuna orchestra al mondo suonerà realmente piano se il direttore dirige esattamente il contrario. La cosa peggiore è quando il direttore critica poi l’orchestra perché sta suonando troppo forte.
Gunter Schuller

Molti compositori lasciano il bilanciamento dinamico ai direttori o agli esecutori. I fortissimi che si trovano in partitura raramente indicano esattamente come devono essere suonati. Noi dobbiamo spiegare cosa sia il fortissimo. Esso significa cose diverse in base alla sua posizione nella partitura. Sia che si trovi nella melodia o nell’area di supporto. Troppe volte il forte annulla qualsiasi sforzo verso il climax musicale.

Generalmente a causa di problemi di controllo, le bande tendono ad utilizzare una gamma ristretta di dinamiche, ignorando quelle di minor peso. Inoltre, i giovani strumentisti tendono a quantificare le dinamiche come quantità fisse. Essi dovrebbero pensare alle dinamiche in relazione al compositore, al tempo, e al tipo di musica. Devono capire che un forte in Haydn è piuttosto differente rispetto ad un forte nella Marcia del Tannhauser di Wagner.

Lo scopo dei cambi dinamici è quello di mantenere vivo l’interesse dell’ascoltatore, come anche quello di creare atmosfere. Ovviamente, più è preparato il gruppo e più ampia la gamma dinamica che riesce ad effettuare, e maggiore sarà la soddisfazione di entrambi i parametri.
Nel nome del buon gusto, cercate di avere cautela con i giovani musicisti: forte non vuol dire suonare più forte che si può nel proprio strumento.
Walter Beeler

BILANCIAMENTO

Sembra insolito tra i direttori, sia che sia una questione di bilanciamento sia che sia di dinamiche, fare in modo occasionalmente che le altre parti suonino più morbide.
Gunther Schuller

“FORTE IS A LIGHT DYNAMIC” (FORTE E’ UNA DINAMICA LEGGERA)

Uno dei più grandi problemi con le bande è anche uno dei suoi punti di forza: la brillantezza prodotta da tutti i colori dominanti. Ci sono alcune sfumature coloristiche ombrose: flauti bassi, fagotti, alcuni sassofoni, corni e euphonium, ma siamo fortunati anche ad avere brillanti range di colori luminosi che possono, e spesso lo sono, essere affaticanti all’ascolto. Dal mio punto di vista noi abbiamo due lavori da fare, sia con le orchestre, sia con le bande ma anche con i cori: ritenere che il nostro più grande lavoro sia quello di controllare questa brillantezza. La banda può suonare forte molto facilmente, e attualmente ho una T – Shirt con la scritta FORTE IS A LIGHT DYNAMIC […].

I colori bandistici sono il nostro scopo principale e necessitano leggerezza nel tocco. Persuadete i vostri strumentisti che la loro prima entrata, dopo gli applausi e il silenzio, non necessita di essere enorme, che la prima fanfara forte o fortissimo deve essere trattata come il più leggero forte o fortissimo del pezzo. Il nostro compito è quello di creare effetti con il minimo sforzo. Quante volte capita di ascoltare un pezzo che finisce in forte, ma non troppo forte, e il pubblico non è sicuro se applaudire o meno. Conservate il più grande fortissimo per la fine, e assicuratevi che la musica che lo precede conduca ad esso.

DINAMICHE INTERNE

Le grandi bande hanno un grande bilanciamento interno, le parti armoniche basse chiare ed energiche, ma bilanciate con il materiale melodico, come anche i registri di contralto e tenore più forti del soprano. Ecco alcuni commenti di grandi direttori:

Un altro tipo di problema di bilanciamento si presenta dalle convenzioni dei segni nelle partiture classiche.
I compositori spesso scrivevano un segno di dinamica che verticalmente coinvolgeva l’intera partitura. Raramente si trovano esempi di diverse dinamiche in partiture antecedenti al 1850. Essi si aspettavano dagli esecutori la regolazione del volume di suono in base al loro ruolo primario o secondario.
Erich Leinsdorf

Molti compositori lasciano l’equilibrio dinamico al conduttore o agli esecutori. Il fortissimo che va su e giù nella partitura raramente è suonato come dovrebbe. Dobbiamo spiegare che cosa significa fortissimo. Vuol dire cose diverse nei diversi punti della partitura, sia nella melodia sia nelle aree di supporto. Un troppo forte annulla qualsiasi tentativo verso il climax musicale.
Walter Beeler

E’ ai più alti livelli di performance che la ricchezza delle scelte e decisioni interpretative diventano fondamentali per esprimere le idee musicali dei direttori. E’ in questo ambito che non esiste un pianissimo ma molti pianissimi leggermente diversi, non un forte ma molti tipi di forte differenti, non una legatura ma vari tipi di legato.
Gunther Schuller

La voce più piccola nella partitura determina la dinamica. Niente è costante. Se gli ottoni stanno suonando sui legni, sono i legni che determinano il forte. Gli ottoni non possono suonare da “ottoni” ma dovrebbero pensare di essere “suonatori di ottoni che stanno bilanciando i legni”.
Walter Beeler

TIMBRO

Il problema è che noi sentiamo una banda e diciamo “che gran bel suono, ma è come una dieta di gelato al caramello e cioccolato – ricca, spesso bella, piena… ma alla fine noiosa”. Mi piace creare differenti timbri all’interno dei parametri del bel suono. Qualche volta questi suoni potrebbero essere vicini al “non bello”, ma essere comunque interessanti, e persino richiesti da alcune composizioni contemporanee.
James Croft

Il timbro della banda è della massima e primaria importanza, perché fino a quando non otteniamo un “buon timbro di base” non c’è nient’altro su cui lavorare. il mio ideale è di sforzarsi di avere un timbro rotondo, rilassato e soft. La ragione per la quale mi piace un timbro abbastanza morbido è che penso che si sia stanchi di qualsiasi altra cosa troppo sensazionale. Troppo spesso sentiamo bande con una intensità di suono costante, entusiasmante, che alla fine rende esausti. Se una banda ha una mancanza in generale, molto probabilmente sarà quella di avere un timbro complessivo troppo brillante e spesso duro. In questa situazione è possibile fare molti danni con gli ottoni. Per creare un suono più piacevole, può aiutare pensare di soffiare negli strumenti molta aria lentamente, piuttosto che poca aria velocemente. In altre parole penso che sia la velocità del flusso dell’aria che crea un suono duro. Vorrei che i suonatori usassero molta aria, ma in modo rilassato.
Walter Beeler

Lavorare per un buon colore, timbro e sfumatura è più importante per l’intonazione globale piuttosto che una differenza di 2 cents nell’intonazione di una nota singola.
Craig Kirchoff

ARTICOLAZIONE

James Croft consiglia:
Mi diverto sempre con l’avvertimento di Revelli “Non lasciate che le note si tocchino”. Alcune articolazioni sono leggere, altre pesanti. Noi dobbiamo creare contrasti ed interesse.

Jim e il Dottor. Revelli hanno assolutamente ragione; dobbiamo creare trasparenza. Usare molta aria nelle articolazioni e nelle frasi spesso le fa sovrapporre, e spesso creiamo un suono continuo e sporco. Ricordate che la nota più importante in ogni battuta è la più piccola. Guardate dopo le note piccole, dopo il levare, alleggerite i battere forti quando potete e sentitevi liberi dalla tirannia delle battute, ma assicuratevi che ogni ritmo sia fatto con il giusto carattere.

FRASEGGIO – DINAMICA – TIMBRO –BILANCIAMENTO – TRASPARENZA

Questo è all’incirca il mio approccio verso ogni partitura e può essere riassunto in poche parole in FRASEGGIO – DINAMICA – TIMBRO –BILANCIAMENTO – TRASPARENZA.

P.S.

I commenti di Walter Beeler sono stati pubblicati da Mark Fonder nella Newsletter della WASBE.

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Per gentile concessione di Tim Reynish
Materiale reperibile in originale in lingua inglese sul sito del M° Tim Reynish:
http://www.timreynish.com

(trad.: Simone Butti)