L’angolo di Timothy – 2

Studio della partitura parte 2: alcune riflessioni sullo studio della partitura (Fonte: http://www.timreynish.com – Traduzione: S. Butti)

(© Mark Heron 2004
Ulteriori articoli: www.markheron.co.uk)

UN PO’ DI OVVIETA’

Conoscere la partitura è uno degli aspetti più importanti del ruolo di un direttore. I musicisti di solito non sono stupidi e persino un amatore inesperto può capire se un direttore sta bluffando. Perciò è vitale che il maestro conosca in profondità la partitura, che è il miglior strumento per capire e comprendere le intenzioni del compositore.

Erich Leinsdorf, nel suo eccellente testo The Composer’s Advocate, ci ricorda che la partitura non è la musica. Una persona può pensare alla partitura allo stesso modo di un disegno di un architetto – la costruzione non esiste sulla carta, ma il progetto costituisce la risorsa primaria per poterla poi creare realmente. Nè l’uno nè l’altro singolarmente sono sufficienti per arrivare al prodotto finale.

Perciò, è inutile dire che il direttore deve iniziare il processo di studio di una partitura nel dettaglio ben prima della prima prova. I vostri musicisti non potranno non notare – restandone impressionati – se voi conversate completamente con la partitura già alla prima prova, ma saranno sicuramente critici se voi non la conoscete.

REGISTRAZIONI – SENSATE O SACRILEGIO?

A questo punto è giusto indirizzarci (con un po’ di trepidazione!) ad un tema veramente spinoso: il ruolo che le registrazioni devono o non devono avere nello studio di una partitura.

Dal punto di vista “tradizionale” le registrazioni non devono prendere parte al processo di studio. I maestri devono imparare la partitura leggendola o suonandola al piano, e consultando qualsiasi materiale appropriato. Ascoltare registrazioni dei brani è una scorciatoia che fa sì risparmiare tempo, ma che consente una conoscenza solo superficiale del brano in questione, e il risultato potrebbe essere solo una reinterpretazione del lavoro di qualcun altro. O almeno così si sostiene.

Comunque, credo che molti studenti di direzione seri e la maggior parte dei direttori professionisti (in particolare quelli legati soprattutto al business), facciano più o meno uso di registrazioni – anche se non l’ammetterebbero mai in pubblico!

Certamente, la professione è drammaticamente cambiata in un passato relativamente recente, e i giorni dove il “maestro” poteva costruire una carriera di successo su un repertorio ridotto ma focalizzato su 20 o 30 capolavori sono, in generale, lontani. Ora i maestri tendono a conoscere una grande quantità di repertori e possono imparare nuovi pezzi velocemente, e in questa direzione la “visione tradizionale” diventa irrealizzabile nella pratica.

Sicuramente, uno studente di direzione che si sta preparando per un corso o per un concorso dove il repertorio richiesto potrebbe essere stato pubblicato solo uno o due mesi prima, dovrebbe passare ore ed ore ogni giorno cercando di imparare una lunga lista di pezzi se adottasse il metodo tradizionale.

Il mio punto di vista è che bisogna avere un approccio pragmatico, e un uso sensato delle registrazioni può essere d’aiuto nel processo di studio tenendo sempre ben a mente i pericoli a cui si può incorrere. In tal senso ecco 5 consigli a riguardo:

1. Se è possibile, ascoltare più di una registrazione. Questo per evitare di essere attratti da una registrazione dove il direttore sceglie un tempo particolarmente estremo o abbia preso delle decisioni interpretative insolite, oppure dove il direttore abbia deciso di saperne più del compositore e pertanto faccia qualche piccola rielaborazione.

2. Ascoltate le registrazioni subito all’inizio dello studio della partitura e fermatevi prima di iniziare le prove. Questo vi permetterà di sviluppare una vostra personale interpretazione.

3. Abbiate il coraggio delle vostre convinzioni e se prendete una via diversa da quella sentita nelle registrazioni – non è importante quanto esaltati siano il maestro e l’orchestra – portatela avanti. La vostra interpretazione personale sarà sicuramente migliore del rigurgito dell’interpretazione di qualcun altro.

4. Non fate pratica di direzione sopra la registrazione – non è così nella vita reale!

5. Non attenetevi per forza ai grandi nomi – essi (ed intendo orchestre e direttori) potrebbero essere più capaci di voi di tirar fuori una prestazione idiosincratica (http://it.wikipedia.org/wiki/Idiosincrasia, ndr).

METODO

Quindi, come studiare realmente la partitura? Dando per scontato che abbiate fatto un uso discreto di CD e che l’abbiate diretta una mezza dozzine di volte, come iniziare? C’è un metodo chiamato Seven trips throught the Score (Sette viaggi attraverso la partitura) che è insegnato in diverse forme in molti conservatori Europei. Esso sostiene una metodologia basata sul leggere la partitura dall’inizio alla fine sette volte focalizzandosi ogni volta su un differente aspetto, incrementando così ogni volta la conoscenza della stessa. I sette stadi sono:

1. Strumentazione e trasposizione

2. Analisi formale

3. Struttura armonica

4. Linee melodiche e loro strumentazione

5. Analisi fraseologica

6. Dinamiche

7. Effetti speciali nella partitura e modalità di esecuzione di ogni strumento

Mentre questo approccio potrebbe apparire un po’ rigido e inflessibile, e qualcuno si potrebbe interrogare sull’assenza di elementi quali tempo ed articolazione, a me sembra invece un buon punto di partenza per lo sviluppo di un proprio metodo di studio. Da una prospettiva personale, sono inizialmente interessato dalla struttura, e trovata quella, finché non ho preso confidenza sia con la struttura che con i dettagli della struttura di frase, trovo veramente difficile affrontare la strumentazione, le architetture dinamiche, oppure quanto fare più o meno lunga una corona. Alcuni sostengono un approccio parte per parte – suonandola o cantandola a turno – e la premessa è quella che il direttore debba conoscere ogni parte e come le linee sono in connessione tra di loro. Altri sostengono che l’unico vero modo per conoscere una partitura sia l’analisi armonica di ogni accordo, usando questa come base per decidere i tempi, i fraseggi e le dinamiche. In definitiva, il metodo corretto da usare è quello che funziona meglio per ognuno di voi, ed è inutile dire che con l’aumentare della vostra esperienza il vostro approccio cambierà.

SEGNARE LA PARTITURA

Anche qui, esistono differenti opinioni. Per alcuni direttori, ogni segno sulla partitura è come un sacrilegio e una grossa violazione dei desideri del compositore. Altri ricoprono talmente tanto le pagine con una massa di testo, geroglifici, simboli di accordi e numeri, che le note sembrano quasi accidentali.

Il mio approccio è il seguente:

1. Segnare la lunghezza delle frasi in alto alla pagina (anche sopra la parte degli archi se l’organico orchestrale è molto grande). Di solito faccio questo con una matita rossa. Non sono un sostenitore dello scrivere la linea su tutta la partitura per ogni frase perché mi sembra che spezzi le linee melodiche.

2. Marcare in blu entrate importanti, dinamiche ed ogni altra cosa importante. Cerco di fare questo il minimo indispensabile, specialmente nel repertorio classico. Non uso comunque mai evidenziatori!!

3. Altri segni di solito gli inserisco a matita ed includono:

  1. indicazioni metronomiche – sebbene ciò non costituisca una regola inflessibile, ad ogni cambio generale di tempo devo conoscere la velocità che ho intenzione di adottare
  2. traduzione di segni non abituali – sicuramente una persona può conoscere i termini più comuni nelle lingue più note ma spesso ci sono linguaggi meno familiari e indicazioni inusuali
  3. occasionalmente qualche passaggio di analisi armonica, ma solo quando è particolarmente importante o non usuale.

4. Ogni altra cosa la inserisco in note separate. Per esempio spesso abbozzo uno schema della struttura delle frasi e uso questo schema come strumento di lavoro per studiare brani particolarmente lunghi. Sebbene non usi mai questi schemi per dirigere, li trovo utili per sedermi a studiare il primo tempo di una sinfonia su un singolo foglio.

5. Segnare o non segnare le parti individuali o l’intero lavoro è una decisione vostra e non è direttamente rilevante per questo articolo. Comunque, se è accettabile e le circostanze lo richiedono, fatelo perché può essere una parte veramente efficace del vostro studio della partitura. Un approccio simile, che spesso adotto con gli studenti e con i gruppi non professionali, è quello di preparare un differente set di note per la prova, da dare ai musicanti prima di iniziare le prove, in special modo se si ha poco tempo.

ALTRO MATERIALE

Mentre la partitura è la fonte primaria, ci sono comunque altri posti dove poter cercare informazioni. Una selezione di questi include:

1. Libri, giornali, articoli ed altro materiale edito sul compositore, sul lavoro in questione, o le circostanze che hanno portato alla sua creazione. Certamente nel caso di Beethoven o Mozart trovate una quantità di materiale sbalorditivo, fino ad arrivare a pochi paragrafi in internet o nei libretti dei CD nel caso di compositori recenti e non ancora affermati.

2. Registrazioni sia del lavoro in questione ma anche di altri lavori del compositore, in particolar modo quelli composti nello stesso periodo.

3. Nel caso della musica contemporanea, il compositore stesso. Molti sono contenti di sapere che voi state preparando un loro pezzo e sono altrettanto contenti di preparare le note di sala, suggerimenti per le prove e qualsiasi informazione di fondo.

4. Dove rilevante, la letteratura, il teatro o qualsiasi forma d’arte che possa aver ispirato o influenzato il pezzo in questione.

5. Testi o qualsiasi materiale relativo alla direzione. Per esempio la serie di libri di Norman del Mar “Conducting Beethoven“, ” Conducting Elgar” ecc.. Mentre una persona può non essere d’accordo con i suggerimenti interpretativi, il fatto che questi libri siano stati scritti dal punto di vista di un direttore che pratica l’attività, piuttosto che da un accademico in una classe, li rendono estremamente credibili. Anche se non siete direttori d’orchestra, vi raccomando vivamente di sedervi con uno di questi libri e una partitura.

E PER FINIRE…

Ho spesso sentito dire da direttori affermati che più è l’esperienza e più si affrontano brani già diretti, e più tempo sentono di aver bisogno da dedicare allo studio della partitura!

Riferimenti

Leinsdorf, Erich, The Composer’s Advocate (Yale University Press 1981)

Del Mar, Norman, Conducting Beethoven vol. I & II, Conducting Brahms, Conducting Berlioz, Conducting Elgar, Conducting Favourite Concert Pieces (Oxford: Clarendon Press, 1993-98)

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Per gentile concessione di Tim Reynish
Materiale reperibile in originale in lingua inglese sul sito del M° Tim Reynish:
http://www.timreynish.com

(trad.: Simone Butti)