Spagna: nuovo eldorado o progetto serio?

Le Sociedad Musicales, le bande della Comunitàt Valenciana, diventano Patrimonio Culturale Immateriale. E da noi?

Ogni tanto, a intervalli regolari, l’occhio degli addetti (più o meno profondamente) ai lavori del mondo bandistico Italiano volge alla Spagna e, in particolare, alla Comunitat Valenciana, quest’isola felice del mondo bandistico dove ci sono centinaia di bande tra le migliori della Penisola Iberica, dove si fanno i “concerti-scontro” tra bande dello stesso paese per vedere chi sia la migliore, dove ci sono bande professionali di altissimo livello, e da dove vengono la maggior parte dei direttori e dei compositori spagnoli più conosciuti nel resto dell’Europa.
Sì, un’isola felice, con un “sistema” bandistico veramente invidiabile.

L’ultima “stoccata” dalla Spagna è arrivata nelle scorse settimane, quando su tutti i social è rimbalzata la grande notizia secondo cui le Bande della Comunità Valenciana sono state dichiarate “Patrimonio Culturale Immateriale”.
L’articolo in questione (ritrovabile qui: https://www.efe.com/efe/comunitat-valenciana/cultura-y-ocio/las-sociedades-musicales-valencianas-declarades-patrimonio-cultural-inmaterial/50000884-4500517) recita testualmente:

Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato oggi come Manifestazione Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale le Società Musicali della Comunità Valenciana, in considerazione del fatto che si tratta di un “movimento unico” che conta 550 società federate.

Una cosa del genere, in Italia, è pura fantascienza, e i social si sono subito mobilitati con i soliti “e intanto in Spagna…” , “da noi cosa aspettiamo?” , “le nostre bande non hanno nulla da invidiare a quelle valenciane” , “ecco un paese con dei politici seri”, eccetera.

Se si prende la cosa “di pancia”, la reazione automatica è proprio questa. Ma se si analizza un po’ più in profondità la questione, si scopre che la stessa è molto diversa. Quanto segue è una riflessione personale, scaturita da una chiacchierata personale con Franco Cesarini in preparazione di una trasmissione ad argomento bandistico andata in onda in aprile.

In primis, proseguendo nella lettura dell’articolo in questione, qualche paragrafo più avanti si legge:

Nel dettaglio, si tratta di un “movimento unico” nel quale sono registrate 550 società, con oltre 1.100 bande e più di 200.000 associati e associate; […] più di 43.000 musicisti, 60.000 allievi, 600 centri educativi (400 scuole di musica, 170 scuole per i formatori e 30 centri autorizzati), che rappresentano circa 5.000 insegnanti.

Questi numeri, se confrontati con l’Italia, sono quelli che fanno letteralmente rabbrividire, soprattutto in ragione del fatto che tutta la Comunità Valenciana conta poco più di 5.000.000 di abitanti. Anche perché una quantificazione così dettagliata del movimento da noi manca (o è molto approssimativa).

Tra queste 1.100 bande, ci sono gruppi di tutti i livelli, dalle giovanili fino al livello Eccellenza. E qui c’è la prima discriminante: facendo un parallelo (meramente numerico, per il momento) con la Lombardia, risulta quanto segue:

COMUNITAT VALENCIANA LOMBARDIA
Abitanti Poco meno di 5.000.000 Oltre 10.000.000
Bande 1.100 Circa 600
Soci 200.000 50.000 (ipotesi, dati non monitorati)
Insegnanti 5.000 Dato non disponibile (la quasi totalità non è inquadrata come insegnante, ma come collaboratore tecnico)

Proseguiamo ora ad analizzare la situazione Valenciana, e spagnola in generale. Nella Comunità Valenciana ci sono 5 milioni scarsi di abitanti, e ci sono decine di bande non professionali di categoria “alta” (quelle che da noi sono la Prima, la Superiore e l’Eccellenza). Sei sono quelle di eccellenza (le famose “6 sorelle”, 2 bande a Buñol, 2 a Cullera e 2 a Lliria), che costituiscono il faro al quale tutto il sistema punta: bande “normali”, che fanno le processioni e i servizi istituzionali, ma poi nei concerti e nei concorsi suonano eccelsamente repertori di altissimo livello. Anche loro, ovviamente, avranno parte dei problemi che hanno le nostre bande: sicuramente non saranno mai in 130 a tutte le prove, certamente avranno dei musicisti che “convocano” solo in occasione del Certamen o del concerto importante, ma il dato di fatto è che in quella regione, questo livello c’è, ed è perseguito anche a livello amatoriale.

Nella sola Lombardia, dove ci sono 10 milioni e passa di abitanti, bande di eccellenza zero: l’eccellenza è “riservata” a 2/3 orchestre di fiati, che raccolgono quei musicisti di eccellenza che ci sono (qualcuna invitandoli anche da altre regioni) e che si occupano di divulgare, con non poche “resistenze”, il grande repertorio internazionale. A queste si aggiunge qualche banda da buona Prima Categoria, che al momento in Italia costituisce il massimo raggiungibile, ad opera di Maestri, direttivi e associazioni particolarmente lungimiranti.

Altro dato sensibile: in Spagna lo studio della direzione di banda è istituzionalizzato da tempo, anche in virtù dell’importanza che le bande hanno assunto per le motivazioni di cui sopra, mentre da noi c’è la cattedra di “composizione e direzione per orchestra di fiati” (nuovo nome del vecchio corso di “strumentazione per banda”) dove, al di là dei programmi ministeriali che non esistono, gli insegnanti di direzione validi ed adeguatamente preparati sono pochissimi, poiché l’accesso alla cattedra non richiede titoli né accademici né artistici in direzione, e la maggior parte (a titolo esemplificativo) la Sinfonia di Hindemith l’ha solo sentita nominare, o l’ha letta su qualche libro.

Continuiamo? Bande professionali, intese come diretta emanazione dell’Amministrazione Pubblica: in Spagna ci sono, e fanno il grande repertorio! Barcellona, Madrid, Valencia, Siviglia, Bilbao, La Coruña, Alicante… tutte le grandi città hanno una Banda Municipale. Da noi le bande istituzionali sono pochissime, e si riducono alle bande militari e alle poche “Civiche” (Milano, ad esempio). Queste bande, in Spagna, si occupano di prime esecuzioni, di commissioni a compositori importanti, di divulgare il grande repertorio storico, di far conoscere la vera eccellenza della musica per banda.
Anche qui, il parallelo con l’Italia è drammaticamente sfavorevole: da noi le poche “Civiche” stanno via via scomparendo, e le bande militari sono per lo più arenate a un repertorio vetusto o “di facile ascolto”, invece di costituire quel naturale vertice della piramide che a loro competerebbe per definizione, come avviene in tutto il resto del mondo.

Il repertorio è un’altra questione topica. In Spagna molti compositori si auto-pubblicano, e questo fa sì che ci sia più “libertà” dal punto di vista compositivo, ma c’è anche la coscienza che sul territorio ci sono bande che possono permettersi di eseguire quella musica!
Da noi, la maggior parte dei compositori “per banda” (dicitura che odio profondamente, giacché se uno è Compositore, lo è a prescindere dall’organico per cui scrive) escono dalle classi di Strumentazione per Banda dei conservatori, e non da quelle di Composizione, dove la materia viene veramente approfondita. Anche qui, non bisogna fare di tutta l’erba un fascio: alcune classi di Strumentazione dei conservatori italiani riescono comunque a formare adeguatamente, grazie ad insegnanti ben preparati, sebbene tale competenza non sia discrimine per l’assegnazione della cattedra, ma solo alcune. Il resto produce diplomati (o laureati) che sanno trattare la strumentazione, ma che dal punto di vista compositivo, la maggior parte delle volte, mostrano una capacità/creatività limitata.
Chiaro che qualche compositore valido e “di spicco” sia comunque uscito, come si evince da risultati di concorsi e commissioni. Per contro,  pochissimi degli allievi dei corsi di composizione dei Conservatori si cimentano con la Banda: conseguenza questa del fatto che, ancora una volta, la Banda non è considerata un media “appetibile” per come, spessissimo, viene presentata.

Ecco, a mio avviso, i motivi principali per cui siamo “indietro” rispetto alla Spagna.
Possiamo uscirne? Dobbiamo! I numeri li avremmo (magari li abbiamo già, ma sono approssimativi e non adeguatamente documentati), il potenziale anche… e allora, come facciamo?

Ci stupiamo se a Barcellona, nel cartellone dell’Auditorium, campeggia la foto di Franco Cesarini, del quale il 25 aprile viene eseguita la première della III Sinfonia dalla Banda Municipale di Barcellona diretta da Cesarini stesso, insieme a quella di Yuja Wang che si esibisce con la Royal Concertgebow Symphony Orchestra, ed altre importanti compagini sinfoniche.
Anche da noi, come è stato puntualmente sottolineato sui social, ci sono bande, poche in verità, che si esibiscono o si sono esibite nei Teatri e nelle stagioni “importanti” (MiTo, Pomeriggi Musicali, Auditorium del Lingotto, Santa Cecilia, Teatro Bellini di Catania, Donizetti di Bergamo, Grande di Brescia, Ponchielli di Cremona, Società del Quartetto di Milano, ecc.), quasi fosse un vanto aver suonato nella rassegna più importante o nel posto più blasonato. Anche questo non fa il bene del sistema, perché da qualunque parte si guardino queste cose, rimangono sempre eventi occasionali, e non situazioni stabili. E’ chiaro che le nostre Orchestre di Fiati di punta ogni tanto si esibiscano in luoghi/festival importanti, anche all’estero: sono le uniche che fanno un certo repertorio e quindi le più “appetibili”; sarebbe invece auspicabile che queste situazioni diventassero stabili, consuetudini, regole, invece che eventi singoli, di natura eccezionale e, purtroppo, sporadici.

Ciò che manca (e che invece a Valencia hanno) è un sistema coeso, che punta tutto (dal bambino principiante fino al laureato in Conservatorio, famiglie comprese) all’eccellenza, dove la “gara” tra bande ha lo stesso sapore della finale di Champions League. E questo ha influenza anche sugli amministratori pubblici perché, in un sistema di quel tipo, con quei numeri, ogni politico ha in famiglia qualcuno che suona in banda, e magari egli stesso segue i concerti e/o suona in qualche banda, ed è cresciuto in quel sistema dove, in contesti differenti, la categoria Eccellenza del Certamen di Valencia (e chiunque abbia assistito alle prove del Certamen nella Plaza de Toros lo sa) ha gli stessi numeri di pubblico e la stessa importanza di “Barcellona – Real Madrid”.

Come creiamo tutto questo? Io credo fermamente che la formazione sia la chiave. Formazione dei direttori, degli amministratori delle bande e del pubblico. Bisogna lavorare insieme, a tutti i livelli, e puntare in alto, come preparazione (dei direttori), come qualità esecutiva e di repertorio (ognuno seguendo sempre le proprie peculiarità e i propri gusti, ma facendo scelte non di-comodo ma di-livello), per raggiungere insieme l’obiettivo di far valere l’importanza di un movimento vasto, radicato nelle comunità, nei territori, e in tutte le fasce sociali.
Un’importanza che, una volta riconosciuta, porterà anche quel sostegno economico pubblico che in Spagna c’è e che da noi manca, e se manca, purtroppo, è più colpa nostra che della politica. Alla politica interessano i numeri: noi li abbiamo, ma non siamo capaci di metterci insieme e di fare massa critica. Lavorare insieme, tutti, puntando alla qualità sotto tutti i punti di vista (scelta dei direttori in primis, perché a mio avviso tutto inizia da lì): qualità della Scuola, qualità degli insegnanti, qualità del repertorio scelto (ricordandosi che qualità non vuol dire per forza difficoltà), qualità educativa di chi suona e di chi ascolta.
Credo che solo così potremo, un giorno, essere anche noi riconosciuti come quel patrimonio culturale immateriale che già siamo, e che tutti sappiamo di essere, ma che il nostro sistema non riconosce.