Intervista a Leonardo Laserra Ingrosso

In occasione del Concerto di S. Cecilia della Civica Orchestra di Fiati di Milano abbiamo incontrato il direttore della Banda Musicale della Guardia di Finanza

Maestro Ingrosso, benvenuto su MondoBande.it, e grazie per averci concesso questa intervista in occasione del Concerto di S. Cecilia 2010 della Civica Orchestra di Fiati di Milano. Ci può parlare, in partenza, della Sua formazione sia accademica che non, del percorso di studi musicali che ha affrontato, e del “come” è poi approdato alla Banda?
Ho iniziato gli studi pianistici da ragazzo al Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce. Essendo pugliese, quello era il Conservatorio più vicino alla mia città. Subito dopo, ho avviato quelli di Composizione.
Il corso tradizionale di composizione, diversamente da quello attuale diviso in biennio e triennio, prevedeva allora due diverse possibilità nel percorso formativo. Si poteva conseguire direttamente il diploma in Composizione al 10° anno di studio, oppure seguire un iter più complesso: al 4° anno, si poteva scegliere di frequentare Musica Corale e Direzione di Coro e/o Strumentazione per Banda e al 7° Direzione d’Orchestra, per poi terminare con il diploma in Composizione al 10°. Questo è stato il mio percorso, che rappresenta il massimo per il sistema scolastico-musicale italiano.
La passione per la banda, invece, nasce direttamente dal background culturale della mia terra, dove le bande, com’è risaputo, erano e sono tuttora molto diffuse e popolari (sebbene oggi un po’ meno rispetto al passato). Tali complessi, le cosiddette bande commerciali (“da giro”; ndr), hanno svolto, almeno fino alla metà del ‘900, un ruolo culturale di primaria importanza, in quanto per molto tempo sono stati gli unici “strumenti” in grado di portare la Grande Musica nelle piazze, anche in quelle più periferiche.
C’erano paesi, dove il teatro più vicino era molto distante e, quindi, difficilmente raggiungibile: in un periodo in cui la presenza dei mass media non era affatto capillare come oggi, l’arrivo della banda costituiva l’unica opportunità di ascoltare i brani più noti del repertorio lirico-sinfonico. È questo il retaggio storico-culturale che ho vissuto fin da bambino e non c’è da stupirsi se la banda è diventata subito per me un insostituibile punto di riferimento.
Poi ho avuto la fortuna di vincere il concorso come Maestro Direttore della Banda Musicale della Guardia di Finanza; ma questo è avvenuto solo nel 2002, dopo una serie di altre attività, tra le quali l’insegnamento in Conservatorio e in altri Istituti musicali, cui ho dovuto ovviamente rinunciare all’indomani del mio arruolamento.

Per noi bandisti di “estrazione amatoriale”, la figura del Direttore di Banda Militare è una figura un po’ “distante”. Di fatto siete gli unici veri direttori di Banda professionisti in tal senso in Italia. Questo nell’immaginario collettivo crea sempre una certa quantità di interrogativi. Uno dei maggiori è: quali sono i criteri che portano alla scelta del repertorio delle bande militari?
Io personalmente cerco di effettuare delle scelte che siano il più possibile vicine alla realtà di chi ci ascolta. L’arrivo di una banda militare non è solo un concerto, ma un vero e proprio evento; e se vogliamo essere ricordati come tale, è essenziale che il programma musicale s’ispiri alle tradizioni storiche, sociali e di costume di quella determinata terra.
Io non ripeto mai un concerto del tutto uguale in posti differenti, ma preferisco, sul piano artistico e su quello personale (non so come fanno gli altri miei colleghi), assumere come irrinunciabile punto di riferimento la specifica realtà di ogni singolo posto. La banda oggi è nelle condizioni di poter suonare qualsiasi tipo di musica. Da quando s’indicono i concorsi per selezionare nuovi musicisti, il livello tecnico-esecutivo di tali complessi si è sensibilmente alzato e si può parlare tranquillamente di professionisti di prim’ordine. Come direttore, quindi, ho la possibilità di eseguire qualsiasi genere musicale e la scelta, come osservavo prima, avviene sempre in base al luogo in cui mi trovo, in un armonico equilibrio fra tradizione e innovazione. Mi spiego: la banda che dirigo è strutturata secondo i criteri del più ampio organico vesselliano. Per questo, non tralascio mai di eseguire nei miei concerti la trascrizione di un brano musicale che si rifaccia a quel tipo di strumentazione; ma, nello stesso tempo, non faccio mai mancare il brano originale per banda, che prevede un organico di minori dimensioni, o l’arrangiamento più vicino alla musica di largo consumo, senza trascurare il jazz o la musica leggera da film. In altri termini, vorrei che il pubblico, alla fine di un mio concerto, non solo sia sempre soddisfatto perché ha potuto apprezzare la capacità degli esecutori della banda nel riuscire a spaziare tra brani musicali tanto differenti tra loro, ma sia anche maggiormente coinvolto nell’evento artistico, offrendo a ciascun ascoltatore la possibilità di riconoscersi nel genere musicale a lui più familiare, venendo incontro pure a chi non ha particolare dimestichezza con la cosiddetta musica classica.

Possibile quindi un confronto tra le bande militari nostre e quelle europee/americane?
Certo che è possibile, ma a partire dalle differenze. Diversamente dalle bande europee e americane, le nostre sono strutturate secondo il criterio dell’organico vesselliano, che ci identifica come la Banda Italiana per eccellenza e che, per me, è un preciso punto di riferimento anche nei confronti della Symphonic Band.
In poche parole, noi possiamo eseguire quello che suonano loro, ma non viceversa. Affrontare le grandi trascrizioni dove la massa strumentale, i timbri e l’impasto sonoro sono difficili da ricomporre, quelle wagneriane per esempio, è una cosa che noi, in Italia, ci possiamo permettere, avendo a disposizione un organico di quel tipo. Ma se un giorno io decidessi di presentare un concerto strutturato secondo i criteri della Symphonic Band, potrei mettere da parte 30 esecutori e tenere un concerto adatto a quell’organico.
Io ho la possibilità di inter scambiare gli esecutori secondo le situazioni; chi preferisce la Symphonic Band, no. Questa è la differenza discriminante fra la tradizione italiana e quella europea o americana.
L’organico vesselliano per alcuni è superato, elefantiaco…; ma per me costituisce un grande vantaggio, perché in questo modo posso eseguire realmente qualunque brano, di qualsiasi genere o tradizione musicale.
Il punto semmai è un altro: ovverossia, che la Banda Vesselliana è difficile da dirigere. Dobbiamo cercare di capire essenzialmente questo: si preferisce la Symphonic Band perché si tratta di una precisa presa di posizione culturale, magari di moda, o perché la Banda Vesselliana è troppo difficile da gestire?
Concertare con una Banda Vesselliana, armonizzarne le molteplici situazioni coloristiche, è affascinante, ma estremamente difficile. Tuttavia, con questo organico, ho la possibilità di mettere in evidenza ciò che maggiormente m’interessa, anche le minime sottigliezze. Per fare un esempio, tra gli ottoni ho a disposizione quelli di timbro chiaro e quelli di timbro scuro, al completo. Se devo far eseguire delle note gravi a un ottone di timbro chiaro, lo posso fare; con la Symphonic Band no, perché in quella fascia di estensione si ha a disposizione il solo basso tuba, che, di fatto, è un flicorno contrabbasso e che per sua natura produrrà sempre un suono scuro. Al contrario, se volessi un suono chiaro, posso servirmi del trombone contrabbasso, che nella Symphonic Band non è presente; e se volessi far suonare solo gli ottoni di timbro chiaro, ce li avrei comunque al completo. Il fatto, in fine, che nella Symphonic Band ci siano le cornette, che, in fin dei conti, rappresentano un ibrido perché non hanno né timbro chiaro né scuro, ha come conseguenza quella di avere una fascia coloristica tendenzialmente scura nel registro acuto; senza contare, poi, che fino all’euphonium c’è un vuoto. Nell’organico vesselliano, invece, ho a disposizione entrambi i timbri in qualsiasi fascia e per tutte le famiglie di strumenti. Ho, quindi, la possibilità di studiare, esplorare e valorizzare un ventaglio di possibilità coloristiche che la Symphonic Band, per sua stessa costituzione, non mi può offrire.

E quindi si riesce, soprattutto nelle trascrizioni, a raggiungere quella uniformità di suono che si avvicina alla compattezza degli archi…
Assolutamente sì. Secondo i criteri della Symphonic Band, nelle trascrizioni si sta un po’ “stretti”. Nelle fasce estreme, posso utilizzare solamente i pochi strumenti che si hanno a disposizione. Invece nell’organico della Grande Banda Vesselliana, ho la possibilità di sfruttare il colore e l’impasto sonoro che m’interessano e che si avvicina maggiormente al colore strumentale originale.

Quindi secondo Lei questa “strada” intrapresa anche in Italia dalle bande civili, è anche una sorta di “scorciatoia” per evitare di andare incontro a certi tipi di difficoltà nel modo di lavorare? Anche perché avendo a che fare con bande non “professionali”, ci sarebbe anche il problema di non avere strumentisti con la adeguata preparazione su quegli strumenti specifici.
Esatto. Quindi, a questo punto bisogna capire se la Symphonic Band è una realtà dettata da criteri essenzialmente estetico-musicali, oppure se la scelta di un organico più snello e più semplice da utilizzare sia dettata da esigenze di natura eminentemente pratica.

Una scuola bandistica italiana esiste?
I compositori di musica originale per banda in Italia si stanno facendo sentire. Ci sono delle ottime figure, che vanno però valorizzate e sostenute.
È necessaria una ricerca approfondita, in ambito prettamente italiano, che deve essere operata a tutto tondo. Noi direttori siamo troppo spesso portati a pensare che i compositori di musica originale per banda siano soltanto nel nord Europa, mentre, a ben vedere, scopriamo che ce ne sono molti anche in Italia e di valore. Non vorrei fare nomi, ma so che ci sono anche degli editori che stanno cercando di valorizzare nomi italiani come compositori di musica originale per banda.

E direttorialmente?
Direttorialmente, devo essere sincero: la scuola di strumentazione per banda in conservatorio, purtroppo, non prevede lezioni di direzione. Dunque chi aspira a fare questo mestiere dovrebbe, più meno come ho fatto io, affiancare la scuola di strumentazione per banda a quella di direzione d’orchestra.
Di fatto, che io ricordi, solo alcune accademie private offrono questi percorsi. So che ci sono anche alcune associazioni bandistiche, che raccolgono un certo numero di bande iscritte, che ogni tanto organizzano stages per direttori di un certo livello.

Ci racconta l’esperienza con la Civica Orchestra di Fiati di Milano?
Questo è il terzo concerto che realizzo con loro e in ordine di importanza questo è il più significativo. Gli altri erano concerti estivi un po’ più “leggeri”. Questa è la manifestazione più importante che realizzano durante l’anno e sono molto contento di essere stato con loro. Tra questi strumentisti ci sono delle ottime individualità, degli ottimi esecutori; purtroppo vivono la difficoltà di non possedere un organico completo, tanto che quando devono tenere i concerti hanno bisogno degli “aggiunti”. Di fatto gli esecutori stabili (22, ndr) non riescono a coprire tutte le parti e per proporsi in concerti di questo livello, hanno la necessità di ricorrere a degli strumentisti esterni in aggiunta all’organico di base. Comunque è un’istituzione solida, con una storia ricca di tradizioni e di esperienze alle spalle.

Parliamo del programma di stasera, io lo vedo diviso grossomodo in 2 parti: una parte definiamola un po’ più vicina a quello che è il mondo della trascrizione di pezzi sinfonici, mentre la seconda prevede 2 brani originali e 2 trascrizioni che possiamo definire più “moderne”. L’idea di questo programma viene da?
Ho voluto tracciare una sorta di piccola storia musicale che, iniziando dal XIX secolo, arrivasse ai giorni nostri e che mi desse contemporaneamente l’opportunità di evidenziare le peculiarità di quest’orchestra di fiati. Partendo dal primo ‘800 beethoveniano con una marcia (che non è una trascrizione ma un brano originale per fiati, adattato all’organico bandistico attuale), si passa, così, al tardo ‘800 con la Sinfonia da “La Forza del Destino” di Verdi, un esempio tipico di strumentazione per banda della Grande Musica, per poi proseguire con la musica descrittiva del primo ‘900, con “In un Mercato Persiano” di Ketelbey. La prima parte del concerto, basata maggiormente – come Lei osservava – sull’aspetto della “trascrizione”, si conclude, quindi, con un brano molto particolare: la Seconda delle otto “Danzón” di Arturo Marquez, compositore messicano contemporaneo. Il programma, pertanto, credo abbia dato l’opportunità al pubblico di seguire la banda in un percorso artistico-musicale che – come dicevo poco prima – partendo da Beethoven, termina in pratica ai giorni nostri.
Nella seconda parte, non potevano mancare, naturalmente, due brani originali per banda, uno più importante dell’altro. Parliamo di autori che hanno fatto veramente ottima musica nel campo della composizione per banda, specie nell’ambito descrittivo: James Barnes e Dirk Brossè. “Symphonic overture” di Barnes “racconta” una serata di festa, e questa, per la Civica di Milano, è appunto una serata di festa, anzi la LORO festa! “El Golpe fatal” di Brossè, invece, in una cornice ricca di richiami spagnoleggianti, descrive lo svolgersi di una corrida, dall’ingresso del povero toro, che sarà poi ucciso, fino al termine dello spettacolo, con tanto di applausi finali. Un brano veramente suggestivo.
Le ultime due proposte, infine, sono brani “per chiudere”, di carattere leggero e frizzante. Un Gershwin arrangiato in maniera un po’ moderna, con il “Blues” da “Un Americano a Parigi” nell’elaborazione per clarinetto di Hengel Gualdi, adattata alla Banda da Michele Mangani, e una selezione da “West Side Story” di Bernstein, con cui abbiamo addirittura la possibilità di avvicinarci al musical. In pratica, se Lei guarda bene, in questo programma c’è tutto. Tutto quello che la banda può eseguire.

La rivedremo di nuovo a Milano?
Con piacere, ne sarei felicissimo.

Parlavamo prima della funzione che la Banda aveva nei tempi passati. E la funzione della banda oggi?
Oggi questo tipo di banda, al Sud, è rimasto come una sorta di monumento, nel senso che esiste per tradizione. Non svolge più quella specifica funzione, ma è difficilissimo immaginare una festa patronale senza la banda. Diciamo che, pur mantenendo un aspetto inconfondibilmente coreografico, ha perduto quello più espressamente culturale di divulgazione del linguaggio musicale. Tenga presente, tuttavia, che anche al Sud, dove esistono le bande commerciali, oggi ci si sta gradualmente orientando verso la banda “moderna”. Ci sono delle realtà che stanno prendendo piede in questo senso anche nel Mezzogiorno.

Riguardo ad uno degli argomenti di cui si discute di più in questo periodo, parliamo della valenza Formativa della Banda: l’introduzione delle Bande nella scuola, un po’ sul modello americano…
Certo, sarebbe un fatto estremamente positivo, perché il momento di crisi che affligge attualmente il mondo musicale italiano nella sua interezza deriva principalmente dalla disattenzione del sistema scolastico. Se la banda può costituire un modello, per dare l’opportunità di pensare e credere che nella scuola la musica debba assolutamente essere considerata una componente essenziale del sistema educativo, ben venga! Secondo lo stile e l’ordinamento delle bande americane, magari! Questo darebbe l’opportunità ai ragazzi, che normalmente entrano in contatto con la musica per banda solo più tardi, quando cioè decidono di studiare uno strumento, di iniziare in anticipo e con minori difficoltà, ottenendo maggiori risultati sia nello studio della Musica in generale, sia in quello dello strumento da loro scelto. Quindi, ritengo che la banda possa rappresentare un punto di riferimento per la scuola. È l’impianto scolastico che in Italia non dà la possibilità di avere effettivamente la musica come elemento formativo di primaria importanza, escludendo del tutto la banda dai suoi meccanismi educativi. Le bande civili sopperiscono, quindi, a una grave carenza del sistema scolastico nazionale, offrendo ai ragazzi la possibilità di trarre beneficio dallo studio e dall’approfondimento della musica. Senza contare, infine, che la banda municipale, di fatto, riesce a ottimizzare situazioni difficili anche sul piano sociale, tra cui, per esempio, quella di tenere i ragazzi lontani dalla strada; ma tutto ciò, purtroppo, avviene con ritardo, mentre se “il sistema” banda potesse essere inserito a tutti gli effetti nella scuola, si potrebbero conseguire risultati di gran lunga più convincenti e significativi.

Possiamo quindi affermare che la Banda sia un po’ il nostro “Sistema Abreu”?
Assolutamente.

Ringraziamo il Maestro Leonardo Laserra Ingrosso per questa interessante intervista, e attendiamo i commenti dei nostri utenti in proposito. E speriamo di poter incontrare nuovamente il Maestro, magari in occasione di un concerto con la Banda della Guardia di Finanza.

(a cura di Denis S.)